Ergastolo a Impagnatiello. Lui di ghiaccio, l'aula piange

L'ex barman impassibile durante la condanna in primo grado. Il crollo della mamma di Giulia: "Abbiamo perso tutto anche noi"

Ergastolo a Impagnatiello. Lui di ghiaccio, l'aula piange
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Ergastolo, con tutte le aggravanti (tranne quella dei futili motivi), nessuna attenuante, tre mesi di isolamento diurno, in aggiunta sette anni di reclusione per occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale, risarcimenti provvisionali alla famiglia della vittima per totali 700mila euro. Poco dopo le 12.30 di ieri il giudice Antonella Bertoja, che presiede la Corte d'assise di Milano, legge il lungo verdetto di condanna per Alessandro Impagnatiello, reo confesso dell'omicidio della compagna Giulia Tramontano quando era incinta al settimo mese. Lui, che questa volta ha acconsentito a essere fotografato e ripreso, resta impassibile. La mamma di Giulia scoppia in lacrime e il figlio Mario le fa scudo.

L'aula è affollata, ci sono decine di fotografi e telecamere. Per la lettura della sentenza Impagnatiello chiede di poter uscire dalla gabbia dei detenuti e di assistere al banco accanto ai suoi difensori, gli avvocati Giulia Geradini e Samanta Barbaglia. È in prima fila. Nel banco dietro di lui, per la prima volta a pochi centimetri, c'è tutta la famiglia Tramontano: mamma Loredana, papà Franco e i fratelli Mario e Chiara, tutti con la foto della 29enne appuntata al petto e un nastro rosso. Si abbracciano, quando l'udienza è tolta. «Non abbiamo mai parlato di vendetta, non esiste vendetta - ha detto la mamma di Giulia dopo la sentenza -. Abbiamo perso una figlia, un nipote, abbiamo perso la nostra vita. Io non sono più una mamma, mio marito non è più un papà, i nostri figli saranno segnati a vita da questo dolore». E il padre: «Quello che abbiamo perso non lo riavremo mai. Oggi non abbiamo vinto, abbiamo perso in tutto». Chiara Tramontano ha ricordato la sorella: «Questo caos che lei ha creato è l'opposto di quello che avrebbe voluto. Lei entrava in punta di piedi nella vita delle persone. Lei era rara: anche nel momento in cui il suo cuore era distrutto ha pensato a un'altra donna che poteva aver vissuto la stessa situazione. Era presente, ma mai rumorosa. Era silenziosa. Quando sei così sensibile in questo mondo violento, sei la preda per il leone. Giulia è tutto questo, un'anima gentile». Ancora: «Giulia è una mamma uccisa dal suo compagno, ma per noi è anche una donna di coraggio che magari stimoli le donne che vivono in circostanze di vessazione e paura ad andare via prima. Se da questo potrà nascere qualcosa per aiutare le altre donne faremo il possibile. Il suo nome è libertà, coraggio e determinazione».

Dopo l'udienza i familiari di Giulia hanno partecipato al flashmob organizzato dal comitato per le pari opportunità dell'Ordine degli avvocati fuori dal Palazzo di giustizia per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Per l'omicidio volontario della 29enne incinta, uccisa con 37 coltellate a Senago il 27 maggio del 2023, il procuratore aggiunto Letizia Mannella e il pm Alessia Menegazzo, titolari dell'inchiesta del Nucleo investigativo dei carabinieri, avevano chiesto il carcere a vita con isolamento diurno di 18 mesi. Chiara Tramontano ha parlato anche al flashmob: «Mi auguro che non ci sia nessun'altra famiglia in futuro che viva questo dolore. E che qualsiasi donna veda l'immagine di mia sorella si ricordi che ha il diritto di vivere, di sperare, di sognare, di essere una madre e di continuare ad amare». Ha aggiunto che contro la violenza di genere occorre «partire da un'educazione sociale che inizi non dalle scuole ma da una famiglia dove si impari la base». Infine: «L'idea è quella di mantenere il ricordo di Giulia vivo, ma è lei stessa che rende il suo ricordo immortale. Con il tempo creeremo sicuramente qualcosa che potrà aiutare altre persone e anche noi. Quella che per voi è una donna uccisa che ha fatto notizia, per noi è parte della famiglia. È ancora il posto a tavola che non possiamo più mettere, è ancora il motivo per cui non festeggiamo il Natale. È ancora il motivo per cui siamo figli che accudiscono i genitori e per cui non abbiamo più una vita».

Prima dell'udienza di ieri i funzionari e i cancellieri del Tribunale hanno portato un sacchetto con scritto «Un pensiero per Giulia e il suo bimbo mai nato». Hanno spiegato: «È una pianta di rose bianche. La daremo alla mamma».

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