«Niente è negoziato finché tutto non è negoziato», spiegava ieri il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, per sottolineare che nulla è ancora certo fino all'annuncio ufficiale. La tregua in Libano nella guerra fra Israele e Hezbollah potrebbe essere proclamata oggi, secondo indiscrezioni dei media americani e arabi, che citano funzionari a conoscenza delle trattative. Ma nell'aria c'è un mix di ottimismo, cautela e pressione militare (quest'ultima israeliana). Il Gabinetto per la sicurezza nazionale di Israele si riunirà alle 17.30 (le 16.30 in Italia) presso il quartier generale dell'esercito a Tel Aviv, per discutere e approvare il cessate il fuoco. Ci sarà anche un vertice dei leader della coalizione di maggioranza, che incontreranno il premier. Israele e Libano avrebbero già trovato l'intesa di cui hanno discusso con il sottosegretario alla Difesa degli Stati Uniti per la politica in Medio Oriente, Dan Shapiro, che ha incontrato in Israele il ministro della Difesa Israel Katz. Per la Casa Bianca «la tregua in Libano è una priorità» e l'accordo «vicino». Secondo fonti israeliane, Israele avrebbe dato il via libera nel timore che gli Stati Uniti lo «punissero», dando il via libera a una risoluzione Onu sulla tregua (che finora non hanno mai votato).
Dopo gli attacchi al confine all'indomani del 7 ottobre da parte di Hezbollah in solidarietà ad Hamas, dopo l'offensiva israeliana e l'ingresso delle Forze armate dello Stato ebraico (Idf) in Libano il 30 settembre, con la firma di oggi si potrebbe chiudere almeno uno dei fronti di conflitto aperti tra Israele e il cosiddetto «asse del male». Eppure nulla è certo fino all'annuncio. «Siamo sulla linea del traguardo, ma non l'abbiamo ancora superata - spiegava ieri una fonte statunitense alla testata americana Axios - Domani (oggi, ndr) il governo israeliano dovrà approvare l'accordo e qualcosa può sempre andare storto». «Nulla è garantito», ha confermato il vicepresidente del parlamento libanese, Elias Bousaab, che ha accusato Israele di aver intensificato i raid sul Libano perché il governo libanese faccia concessioni. Anche Unifil, mentre si diffondeva la notizia dell'intesa, esprimeva «profonda preoccupazione» per gli attacchi israeliani contro l'esercito libanese, «nonostante il suo dichiarato non coinvolgimento». Raid israeliani sono stati denunciati anche dalla Siria, al confine col Libano.
La bozza di accordo prevederebbe un periodo di transizione di 60 giorni, durante il quale l'esercito di Israele dovrebbe ritirarsi dal Libano meridionale. A schierarsi nelle aree vicine al confine sarebbe l'esercito libanese. Hezbollah, infine, dovrebbe indietreggiare a nord del fiume Litani. Tra le questioni più controverse c'è il nodo della libertà di azione di Israele in caso di violazioni da parte di Hezbollah. «Per noi sono due gli elementi indispensabili dell'accordo: impedire a Hezbollah di tornare nel sud del Libano e impedire di riarmarsi - ha spiegato il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar - Non permetteremo un ritorno al 6 ottobre. Qualsiasi violazione sarà affrontata immediatamente».
L'accordo prevederebbe un comitato di supervisione, guidato dagli Stati Uniti, per monitorare l'attuazione dell'intesa e affrontare eventuali violazioni. Israele potrebbe intervenire dopo consultazioni con gli Usa e se l'esercito libanese non affrontasse la minaccia, garanzia contenuta in una lettera siglata con Washington. La partecipazione della Francia nel comitato che vigilerà sull'accordo è stato un nodo controverso.
Israele avrebbe accettato Parigi solo dopo che la Francia ha indicato di non voler procedere all'applicazione della decisione della Corte penale internazionale sull'arresto di Netanyahu. Una decisione che per l'Iran è «insufficiente»: «Contro Netanyahu deve essere emessa una sentenza di morte», ha tuonato la Guida suprema Ali Khamenei.
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