Anche il suo legale fu arrestato da Woodcock

Mi servono altri indumenti, ma domani arriva mia moglie

da Potenza

Ventuno novembre 2004. Una data che l’avvocato Piervito Bardi, uno dei difensori di Vittorio Emanuele, non dimenticherà facilmente: è infatti la data del suo arresto. Un arresto, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, disposto proprio su richiesta del pm Woodcock. Lo stesso pubblico ministero con il quale l’avvocato Bardi dovrà ora confrontarsi per difendere l’onore infangato del principe di Savoia. L’avvocato Bardi venne scarcerato quasi subito dal Tribunale della libertà che considerò «infondati» gli elementi che avevano portato all’arresto del legale potentino che nel 2004 ricopriva l’importante carica di presidente della Camera penale distrettuale di Basilicata. Per protestare contro l'arresto di Bardi, gli avvocati penalisti lucani si astennero dalle udienze per una settimana. In quella stessa operazione denominata dal Ros dei Carabinieri «Iena due», le manette scattarono anche per altri nomi eccellenti. In tutto 52 arresti, dieci dei quali beneficiarono dei domiciliari. I reati contestati alle persone arrestate furono, a vario titolo, associazione per delinquere di tipo mafioso, turbativa d'asta, estorsione, usura, riciclaggio e corruzione. Il clan lucano guidato da Renato Martorano e Giovanni Quaratino, entrambi arrestati, aveva - secondo l’accusa - rapporti con cosche della 'ndrangheta e della camorra.

In particolare, i rapporti del clan lucano erano con le cosche calabresi Alvaro-Violi-Macrì, Pesce e Piromalli-Molè e con i clan della camorra Puccinelli e Birra. Rapporti che, sostiene l'accusa, servivano - attraverso la corruzione di importanti uomini politici di rilevanza locale e nazionale - ad assegnare lavori pubblici e a chiedere tangenti sugli appalti.

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