Ancora scontri per i rifiuti a Napoli: ridateci Bertolaso

Terzigno s’infiamma e l’emergenza rifiuti a Napoli torna alla ribalta, come se il nastro della cronaca si riavvolgesse all’indietro. Nel paese vesuviano si scatena la violenza degli oppositori della discarica: camion incendiati, altri fermati sulla strada o costretti a tornare indietro col loro carico di «monnezza». E poi scontri, sassaiole, sbarramenti di fiamme con l’Italia che subisce tumulti che si potevano evitare.
E Napoli rischia di esplodere perché si accumula l’immondizia che non è possibile collocare proprio per la reazione (...)
(...) registrata a Terzigno, nelle discariche. Anche i comuni vicini all’epicentro dei disordini scelgono la linea dura ed è un fiorire di blocchi e presidi che ci riporta indietro nel tempo.
Il governo due anni fa aveva risolto un’emergenza rifiuti ben maggiore, con determinazione e fermezza, conferendo al capo della Protezione civile Guido Bertolaso i poteri necessari per vincere resistenze di cittadini in buona fede e di camorristi in affari.
Dall’intesa fra la volontà del premier e l’impegno di Bertolaso era nato un meccanismo efficace, anche spiccio, che prevedeva l’impiego dell’esercito e la neutralizzazione dei poteri di interdizione così frequentemente esercitati dagli enti locali. Sotto questo profilo tutti i comuni sono uguali, preferiscono che centrali, carceri e discariche siano collocate in un comune diverso. Ogni borgo italiano può ostentare le sue querce secolari e i suoi pioppi storici che devono essere tutelati dalle presunte arie mefitiche delle discariche e degli impianti in cui si trattano i rifiuti. Rifiuti che ognuno di noi produce e disconosce, come sgradevoli figli bastardi del nostro benessere.
Il metodo Bertolaso ha funzionato - questo è sotto gli occhi del mondo che aveva fatto dei rifiuti di Napoli una cartolina nera -, ma è caduto sotto la lente di ingrandimento di una magistratura a corrente alternata, che si attiva in certe situazioni e in altre dorme, a seconda della qualità politica dei possibili indagati.
Bertolaso è finito sotto inchiesta e il rinnovo del suo metodo per sconfiggere l’emergenza rifiuti è all’esame del Parlamento. L’iniziativa dei pubblici ministeri ha avuto un effetto devastante: da una parte, ha eccitato i rappresentanti di certi comuni a scendere in campo con maggiore energia perché il «nemico» era sotto attacco; dall’altra, ha indotto gli esponenti dell’opposizione a cavalcare la sfortuna giudiziaria di Bertolaso e a lasciare lettera morta le uniche norme che potevano risolvere il problema rifiuti. Con le leggi rispettose degli andazzi ritardatari e dei poteri spropositati dei Comuni, in talune materie, non si eliminano migliaia di tonnellate di «monnezza». Al massimo si finisce davanti al Tar. All’opposizione fa piacere un Bertolaso azzoppato e un governo privato degli strumenti necessari a rispondere alle esigenze vere dei cittadini. Che vogliono strade pulite e impianti di smaltimento efficienti e non fanno calcoli politici sul fetore dei cassonetti.


A ridatece Bertolaso, si restituisca allo Stato la possibilità di essere realmente tale, si risparmi ai cittadini l’immagine di una cosa pubblica slabbrata e impotente.
Le inchieste vadano pure avanti, ma nessuno le prenda a pretesto per tornare indietro, ai tempi della piccola peste tollerata dagli amministratori campani. Allora progressisti, va da sé.

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