Andrea Riccio, l’antica passione di uno scultore

Al Castello di Trento le opere dell’artista affascinato dalla classicità. L'influenza toscana risvegliò anche nel nord l'amore per l'epoca greco-romana

Andrea Riccio, l’antica passione di uno scultore

Andrea Briosco, detto il Riccio per la sua capigliatura riccioluta, scultore cinquecentesco dalle alterne fortune critiche, è protagonista di una grande mostra in corso nel Castello del Buonconsiglio di Trento. Una rassegna che presenta l’attività dell’artista trentino inserendola nel contesto culturale veneto del tempo. Emerge così una terra dalla forte cultura antiquaria, ricca di opere improntate al classicismo, in cui si mescolano sacro e profano, con esiti originali. Lo testimoniano 163 fra sculture, dipinti, disegni, incisioni, di Riccio e colleghi, accompagnate da un massiccio catalogo (670 pagine: una sfida per il volonteroso visitatore).

La scintilla che innesca a Padova e a Venezia il gusto per l’antichità, tra Quattro e Cinquecento, è la presenza e l’attività di toscani d’eccezione, come Donatello. Padova è una città che raccoglie intellettuali e molti esuli politici. Donatello vi arriva nel 1443, realizza opere straordinarie che fanno scuola, come il monumento equestre al Gattamelata, un condottiero in bronzo in grado di emulare l’antica statua del Marco Aurelio. Non solo, rimette in auge la terracotta, un materiale legato alla tradizione fiorentina e lombarda. Ad assimilarne subito la lezione ci sono pittori come Andrea Mantegna e vari scultori.

In questo ambiente si forma il Riccio, nato a Trento nel 1479 e morto a Padova nel 1532. Figlio di un orafo, allievo a Padova di Bartolomeo Bellano, si specializza nella fusione del bronzo e nella tecnica della terracotta. Lavora per «via di porre» al contrario di Michelangelo che scolpiva il marmo «per forza di levare». Realizza opere di grande e piccolo formato in un continuo confronto con l’antico. Le tecniche e i soggetti sono infatti quelli in uso nel mondo classico, conosciuto attraverso la frequentazione degli umanisti dello studio padovano.

La mostra conduce in un lungo e complesso itinerario che presenta opere del Riccio e di suoi predecessori e contemporanei. In apertura incontriamo l’ambiente artistico padovano della seconda metà del Quattrocento, rappresentato da anonimi collaboratori di Donatello che forgiano Madonne in pietra come antiche matrone, da pittori che dipingono soggetti sacri dal sapore archeologico, da scultori veneti e padani come Giovanni de Fonduli e Bartolomeo Bellano che creano santi come statue classiche. Particolarmente suggestiva l’espressionistica Pietà in terracotta policroma, discussa nella paternità, attribuita a Riccio.

Il secondo round riguarda la diffusione dei piccoli bronzi «all’antica» nel collezionismo privato: medaglie, placchette, santi, madonne, pastori, «spinari», figure mitiche e altro, che andavano a ruba fra i collezionisti. Il Riccio è il maggiore interprete di questa tendenza, come dimostrano placchette bronzee e bassorilievi con la deposizione di Cristo nel sepolcro, ispirate a incisioni di Mantegna e tutta una serie di soggetti sacri e profani. Intensa è la produzione di gruppi erotici, usciti dalla sua bottega, e quella di figure riprese direttamente dalla natura, come granchi, ranocchi, serpi, utilizzati come calamai e lucerne.

Un altro settore della mostra è dedicato all’«umanesimo cristiano del 1500», caratterizzato da dipinti e bronzi, che intrecciano memorie pagane e temi cristiani. Emblematici il monumentale candelabro bronzeo realizzato da Riccio tra il 1507 e il ’15 per la basilica padovana del Santo e la terracotta con San Canziano dell’omonima chiesa padovana. Poi è la volta dei «quadri di marmo» elaborati da vari scultori negli anni fra il ’15 e il ’30, con figure dell’antichità ed episodi religiosi scolpiti a rilievo, ricchi fra l’altro di allusioni letterarie e allegorie. Non mancano sorprese e rarità, come le figure incise nel cristallo e nel calcedonio realizzate dallo scultore Giovan Giorgio Lascaris. Con lo pseudonimo di «Pirgotele», il maestro antico noto per aver ritratto Alessandro Magno in uno smeraldo, Lascaris è forse l’autore di una preziosa placchetta di cristallo di rocca su argento, giunta da Budapest, con un busto femminile davvero senza tempo.

LA MOSTRA
«Rinascimento e passione per l’antico. Andrea Riccio e il suo tempo». Trento, Castello del Buonconsiglio. Fino al 2 novembre. Informazioni: info@buonconsiglio.it; tel. 0461233770.

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