Animali medici di se stessi. Si curano con le piante

Uccelli, api, lucertole, elefanti e scimpanzé mangiano alimenti in grado di farli stare meglio

Animali medici di se stessi. Si curano con le piante

Molte specie animali hanno creato le proprie farmacie a partire da ingredienti comunemente presenti in natura. Uccelli, api, lucertole, elefanti e scimpanzé condividono tutti un tratto di sopravvivenza: si auto-curano. Questi animali mangiano alimenti che li fanno sentire meglio, o prevengono le malattie, o uccidono parassiti come vermi, batteri e virus, o più semplicemente li aiutano a digerire bene. Perfino le creature con un cervello delle dimensioni di uno spillo possono in qualche modo ingerire certe piante o usarle in modi insoliti quando ne hanno bisogno. Ce ne rende conto un articolo pubblicato su Procceeding National Academy.

Chiunque possiede un cane lo avrà certamente visto, prima o poi, mangiare erba durante una passeggiata. Bene, ha assistito a una forma di automedicazione. Il cane probabilmente aveva una piccola occlusione gastrica o dei parassiti e l'erba ingerita (soprattutto una specie particolare di graminacea) lo ha aiutato a vomitare e risolvere il problema. La scienza dell'automedicazione animale si chiama zoofarmacognosia. Non è chiaro quanta conoscenza o apprendimento siano coinvolti, ma molti animali sembrano aver sviluppato un'innata capacità di rilevare i componenti terapeutici nelle piante. Sebbene la maggioranza degli studi si rivolga alle scimmie, si possono citare numerose altre specie che fanno ricorso all'automedicazione vegetale. È noto che orsi, cervi, alci e vari carnivori, consumano piante consumare piante medicinali per un numero notevole di disturbi. Si ritiene che alcune lucertole rispondano al morso di un serpente velenoso mangiando una determinata radice per contrastare le tossine del veleno. Le are rosse e verdi (grossi pappagalli tropicali), insieme a molti animali, mangiano argilla per aiutare la digestione e uccidere i batteri nocivi. Gli elefanti gravidi, in Kenya, mangiano le foglie di alcuni alberi per indurre il parto. Certi lemuri gravidi in Madagascar rosicchiano tamarindo e foglie di fico per favorire la produzione di latte, uccidere i parassiti e aumentare le possibilità di una nascita normale. Negli anni '60, l'antropologo giapponese Toshisada Nishida osservò gli scimpanzé in Tanzania che mangiavano foglie di aspella, che non avevano alcun valore nutrizionale. Il primatologo di Harvard Richard Wrangham vide lo stesso comportamento nella riserva Gombe di Jane Goodall, dove gli scimpanzé inghiottivano le foglie intere. Altri scienziati hanno notato lo stesso in altre colonie di scimpanzé. Ma perché ingerire foglie prive di valore nutrizionale?

Nel 1996, il biologo Michael Huffman suggerì che gli scimpanzé si auto-medicavano, quando osservò uno di questi gravemente malato a causa di parassiti intestinali, mangiare avidamente quelle foglie. Il giorno dopo stava benissimo. Osservandole bene Huffman si accorse che erano foglie ispide, ruvide al tatto e ipotizzò che gli scimpanzé mangiavano quelle essenze vegetali per trarne vantaggio nel pulire l'intestino e liberarlo dei parassiti. Altri ricercatori hanno osservato la stessa pratica tra le altre scimmie in tutta l'Africa. In questo continente, gli umani usano la pianta Manniophyton fulvum per farne supposte, clisteri e come trattamento per le emorroidi. Ricercatori del Max Plank che studiavano i bonobo, grandi scimmie dell'ex Congo, vedevano uno strano comportamento: le scimmie allineavano le foglie sulla lingua formando degli strati, le arrotolavano e le mandavano giù intere. Questo, per evitare il contatto prolungato con le mucose, dato che le foglie sono irritanti.

La pianta non fa parte della dieta del bonobo e le foglie vengono ingerite solo da animali parassitati da vermi intestinali pericolosi per la loro vita. Ancora una volta l'uomo ha imparato qualcosa di utile e vitale dai suoi antichi antenati.

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