Arbitri contro il vertice tra contestazioni e risse

Gian Piero Scevola

Gli arbitri alzano la testa e si ribellano, la base chiede le dimissioni di Lanese e di tutti i suoi grigi collaboratori, la ristrutturazione di un movimento che esce con le ossa rotte dalle indagini in corso. Una prima pesante contestazione si è verificata, anche se i vertici dell’Aia l’hanno tenuta nascosta. In occasione del Comitato nazionale tenuto a Roma lo scorso 23 maggio ben tre regioni: Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, con l’aggiunta della sezione di Perugia dissenziente dall’Umbria, hanno chiesto le dimissioni del presidente Tullio Lanese (e di tutti gli organi nazionali) che, indagato dalla Procura di Napoli, si era soltanto autosospeso, delegando il suo vice Cesare Sagrestani. La discussione è stata aspra, pugni battuti sui tavoli, urla, musi lunghi ma, come da sempre capita nel mondo arbitrale, l’oblio è calato sulla quasi rissa e il comunicato emesso alla fine dei lavori parla di «discussioni costruttive», «condivisione di un percorso comune», «approfondimento delle tematiche emerse», insomma tante belle parole, il classico fumo e niente arrosto, ma nulla della proposta di dimissioni.
Tutto questo per salvare il posto al chiacchierato Lanese, da parte di una serie di burocrati che tengono alla poltrona come al gioiello di famiglia. Ma gli emiliani, beffati a Roma, si sono ritrovati mercoledì scorso a Bologna e 12 sezioni su 15 hanno confermato la richiesta di dimissioni di Lanese e l’azzeramento dei suoi sodali, insieme alla nomina come Commissario di un ex arbitro e non di un esterno. Solidarietà ai ribelli emiliani è arrivata da Toscana, Abruzzo e Perugia, ma anche su questo incontro l’Aia ha steso un velo di silenzio. Tutti questi movimenti non sono sfuggiti a Guido Rossi, che già aveva in animo di mettere le mani sul settore arbitrale e che proprio oggi sarà a Monaco di Baviera per incontrare i vertici della Fifa e dell’Uefa, spiegare la situazione del calcio italiano, affrontare il problema delle iscrizioni delle italiane nelle coppe e cercare una soluzione per adeguare le strutture arbitrali alla realtà europea.
In particolare Rossi punterà l’attenzione sul famigerato articolo 15 del regolamento Aia («Durata delle cariche») quello che praticamente dà a Lanese la carica, a vita, di presidente: basta che in occasione delle tornate elettorali prenda il 55% dei voti espressi, lui come i discepoli di periferia a cascata. Un «nonsenso» voluto da Lanese stesso, già a suo tempo evidenziato, ma messo a tacere proprio per la bramosia di potere degli attuali vertici arbitrali.
Ecco perché domani Rossi designerà il commissario dell’Aia che originariamente avrebbe dovuto essere il suo vice Nicoletti ma che ora sembra invece possa essere un esterno all’attuale degradato mondo delle ex giacchette nere. I nomi sono solo due e di grande spessore: Gigi Agnolin, attuale presidente del Settore giovanile e scolastico, ripescato da Sergio Campana che a livello di consiglio federale ha la giurisdizione sul calcio giovanile oppure Paolo Casarin (nella foto) che, per sette anni, guidò la Can in modo brillante. Ce ne sarebbe anche un terzo: Cesare Gussoni, ideale a livello di competenza e moralità ma di età avanzata.


Favorito appare allora l’ex fischietto di Bassano del Grappa, a meno che Rossi, con un colpo a sorpresa dei suoi (vedi Borrelli), non faccia arrivare dal mondo della finanza un personaggio choc. E conoscendo l’attuale commissario straordinario, l’ipotesi non è proprio da scartare.

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