Arianna, baby di ferro con il vizietto dell’antidoping lungo

Figlia dell’elettricista di Berbenno (Valtellina), 15 anni, anche l’altra notte ha fatto aspettare tutti. «Prima vinco, poi divento avvocato»

Tony Damascelli

nostro inviato a Torino

Don Matteo ha suonato le campane. Non si è svegliato nessuno. Perché nessuno era andato a dormire. Berbenno di Valtellina diventa il borgo più famoso d’Italia, dopo Roana, Collepietra, Voiana Lana. Arianna Fontana ha quindici anni e qualche mese ma il telefonino è intasato come quello di una grande donna in carriera, la testa è caldissima, la notte è stata di quelle memorabili, per il bronzo nello short track e per l’extralong del controllo antidoping, tre ore abbondanti di attesa davanti allo sgabuzzino, bibite e affini, niente: «Ho un chiodo fisso con il test, non mi va la presenza di qualcuno al mio fianco durante quell’operazione. Non ce la faccio proprio».
Comprensibile, giustificata, provateci un po’ voi e io con voi, già è difficile da single, figuriamoci davanti a spalti gremiti. Fuori, intanto, stazionavano inquieti papà Renato, mamma Luisa, gli altri sessanta amici e tifosi venuti in pullman e in automobile giù dalla Valtellina perché Arianna non è soltanto una pupetta bionda, è qualcosa di più, ha voglia di dimostrarlo, ha un avvenire per dimostrarlo: «Perché l’Arianna è una di carattere forte, ha la testa dura, suo fratello Alessandro è meno cattivo». Parla Renato Fontana, fa l’elettricista a Lugano («ma ho fatto qualche lavoretto anche io a Saint Moritz»), parte da Berbenno e se ne va in Svizzera come faceva, sessant’anni orsono, con frutta e verdura e un camion da un milione e trecentomila chilometri, Nino Bibbia, primo oro olimpico invernale dell’Italia. Si vede che tra la Valtellina e la Confederazione c’è uno strano amore, un filo lungo che collega gente veloce sul ghiaccio, skeleton e short track, sport bizzarri, medaglie bellissime, 1-100, questa la fotografia da Saint Moritz a Torino.
Renato e Luisa Fontana erano al Palavela mercoledì sera e ci saranno anche domani sera, per le finali dei 1000 metri: «Ma qui l’Arianna è chiusa». Chiusa, si fa per dire. All’Arianna sembra che i fiori nascano in casa. Al liceo scientifico Leibniz, direzione sportiva, di Bormio dicono che la pupetta abbia trascurato gli studi, «soltanto tre settimane di presenze», ma che nelle lingue straniere sia da medaglia: «Qualcosa meno in latino, lingua morta. Ma vorrei iscrivermi a giurisprudenza, diventare avvocato», dice l’Arianna al cui confronto il carabiniere Armin Zoeggeler sembra Vittorio Sgarbi, come dialettica e affabulazione.
La conferma sulla pagella arriva dall’elettricista Renato che si porta appresso tutta la folle gioia torinese in quella voce arrugginita dai mille strilli al Palavela. Ha scommesso con la figlia che in caso di podio avrebbe affrontato la bilancia: «Peso centotrentachili, sono alto un metro e ottantacinque, devo dimagrire, scommetto con l’Arianna, lei vince ma io non tengo fede all’impegno, forse perché lei è milanista come la mamma che l’ha rovinata nel tifo, mentre io e l’Alessandro teniamo all’Inter».
Arianna ha incominciato ad andare sui pattini per caso, sempre così. Marco De Luca, vicino di casa in Valmalenco, dove è nata la signora Luisa, portava a far sport sulle rotelle il figlio, trascinò Alessandro Fontana e l’Arianna che aveva quattro anni e non intendeva affatto farsi superare dal fratello di due anni più vecchio: «Mai, voleva vincere sempre lei e lo ha acciuffato e battuto. Io avevo parlato chiaro: se si fa dello sport si fa sul serio, non voglio sentir storie a metà stagione, tipo sono stufo, non mi va di allenarmi, si deve andare dritto, fino alla fine. Così è stato. Merito anche dei maestri, tutti, ma su tutti Adelio Antonioli che ha tirato fuori il meglio da Arianna, merito di mia moglie che si è messa sulle spalle ottanta chilometri di andata e altrettanti di ritorno ogni giorno, in auto, per portare da Berbenno a Bormio l’Arianna, agli allenamenti. Adesso Luisa dovrà cucinare pasta al forno per tutto il paese e per nostra figlia che ne va pazza. Le piacciono anche quelle robacce lì, il rap («mi piace Eminem» spiega Arianna) e lo ska, dico della musica».
Le piace anche Francesco, diciassettenne moroso di Bormio, dove l’Arianna si ferma a dormire in casa dall’amica Alessia: «Non si scalda molto, tiene tutto dentro, l’ho vista raramente piangere. Forse ha preso da sua madre che è più decisa». Non c’è molto tempo per le feste, pasta al forno e campane a parte. L’Arianna, non pensa ancora alle vacanze: «Di solito a Rimini, con i miei, quest’anno cambieremo, voglio rilassarmi». Intanto deve prepararsi ai mondiali, alle trasferte in America, in Canada: «Come faccio a dirle di no?».


Impossibile, papà Renato non può spegnere il riflettore. Lui che mette assieme le luminarie natalizie di Berbenno, lui che risolve i guai dei ticinesi, non può togliere la luce all’Arianna, futuro avvocato di bronzo.

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