
Il gelo commerciale tra Stati Uniti e Cina sembra iniziare a sciogliersi. Dopo mesi di tensioni e dazi record, le parole pronunciate da Donald Trump alla Casa Bianca hanno acceso la miccia dell'ottimismo nei mercati globali. «Avremo un accordo equo con la Cina», ha assicurato il presidente americano, aggiungendo che «tutto è in corso» nei negoziati. Non solo Pechino: Trump ha puntato il dito anche contro l'Unione Europea, affermando che «ci hanno truffato per molti, molti anni; quei giorni sono finiti», e ha promesso che «saremo in grado di ridurre sostanzialmente le tasse».
Il tono del presidente è parso decisamente più distensivo rispetto al passato, tanto che il Wall Street Journal ha rivelato che l'amministrazione starebbe considerando un abbassamento dei dazi imposti sui beni cinesi, attualmente al 145%, fino a una fascia compresa tra il 50 e il 65 per cento. Una conferma indiretta è arrivata dallo stesso Trump, che ha definito l'attuale livello «molto alto e non sarà così alto, neanche lontanamente così alto; si abbasserà in modo sostanziale, ma non sarà zero».
A dare manforte alla svolta è stato anche il segretario al Tesoro, Scott Bessent, tra i principali artefici insieme al segretario al Commercio Howard Lutnick della riapertura del canale diplomatico. «Esiste l'opportunità di un grande accordo tra Stati Uniti e Cina», ha dichiarato Bessent nel suo intervento a Washington, durante il forum dell'Institute of International Finance. Un'affermazione che segna un cambio di passo rispetto ai toni più duri dei mesi scorsi, pur restando ancorata alla cautela. «Credo che entrambe le parti stiano aspettando di parlare tra loro», ha precisato, sottolineando che i colloqui ufficiali non sono ancora cominciati.
Nel suo discorso, Bessent ha anche criticato le istituzioni internazionali come Fmi e Banca Mondiale. «Il Fondo Monetario Internazionale ha sofferto di un'involuzione della sua missione», ha detto, mentre per la Banca Mondiale «non dovrebbero più esserci assegni in bianco». Tuttavia, ha tenuto a sottolineare che la linea dell'amministrazione Trump non è di isolamento. «America First non significa America da sola», ha spiegato, proponendo invece «una maggiore collaborazione e rispetto reciproco tra i partner commerciali».
Le parole di Trump rappresentano una reazione all'apertura cinese. Ieri il portavoce del ministero degli Esteri, Guo Jiakun, ha dichiarato che «la Cina ha sottolineato fin dall'inizio che non ci sono vincitori nelle guerre tariffarie e commerciali», aggiungendo che «la porta per i colloqui è spalancata». Una disponibilità ribadita da Pechino anche dopo l'annuncio di Trump sulla possibile riduzione dei dazi. E direttamente da Xinhua è arrivato anche il messaggio del presidente cinese Xi Jinping, che ha condannato i dazi come strumenti che «danneggiano il commercio multilaterale». In un incontro con il leader azero Ilham Aliyev, Xi ha affermato che «i dazi doganali danneggiano il sistema commerciale multilaterale e destabilizzano l'ordine economico mondiale».
Le Borse hanno reagito con entusiasmo. Wall Street ha aperto in forte rialzo, con gli indici che hanno guadagnato oltre il 2% nella prima parte della seduta, per poi ritracciare leggermente dopo le parole più caute di Bessent. Le Borse europee hanno chiuso invece con slancio: +1,4% a Milano, +2,1% a Parigi, +3,1% a Francoforte e +0,9% a Londra. Anche il dollaro ha beneficiato dell'ottimismo, risalendo dal minimo di 1,16 contro l'euro fino a quota 1,13. Ancora in caduta invece il petrolio: WTI in calo del 2% a 62,4 dollari e Brent a 66,2 dollari, penalizzati dalla maggiore offerta dei Paesi Opec+, con il Kazakistan in prima linea a favore dell'aumento produttivo.
Frenata invece per l'oro, che dopo aver toccato
nella giornata di martedì il record a 3.509 dollari l'oncia, ieri ha ceduto il 3,5% a 3.300 dollari. In controtendenza l'argento, in rialzo del 2% a 33,5 dollari, sostenuto dal doppio ruolo di metallo prezioso e industriale.
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