
È morto il Papa e purtroppo non solo non abbiamo niente da metterci, ma neppure una foto con lui da postare. Non abbiamo un aneddoto da riferire. Non abbiamo una sua raccomandazione da seguire «Papa Francesco mi disse: io sto per morire, porta avanti tu le nostre idee» (sì: Emma Bonino, proprio lei...) -, non abbiamo un concerto da annullare, che poi basta spostarlo il giorno dopo e dedicarlo a Francesco, «un prete delle periferie», e non sapremmo neppure su chi puntare nel Fantapapa, noi che pure da ragazzi leggemmo Il Papa negro di Emilio Cavaterra, ma era un romanzo pubblicato dal Borghese, e non se lo filò nessuno E soprattutto non abbiamo la faccia tosta, da sinistra, di dire che «il Papa non merita l'ipocrisia di chi deporta i migranti», e, da destra, di dire che il Papa «non merita l'ipocrisia di chi magnifica il gay pride e l'aborto».
È morto l'uomo che parlava solo degli altri e non c'è uno che riesca a non parlare di sé.
Strana psicologia quella secondo la quale chi rimane è sempre più importante di chi se ne va.
Più che sobrietà servirebbe discrezione. E, se volessimo proprio esagerare, umiltà. E non diciamo un decoroso silenzio, che è un'altra forma più coraggiosa di partecipazione al lutto.
Dai.
È andata così. E da qui al giorno dei funerali sarà lunga. C'è ancora molto tempo per farsi vedere.D'altronde, la guarigione dalla vanità - per restare in tema - è l'unico miracolo che manca tra quelli raccontati nei Vangeli.
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