Palazzo Strozzi di Firenze, ospita nelle sale rinascimentali, fino al 4 febbraio 2024, tutti i giorni dalle ore 10 alle 20, giovedì fino alle 23.00, con ultimo ingresso un’ora prima della chiusura, la mostra di Anish Kapoor “Untrue–Unreal”; lo scultore nato a Mumbai da padre indiano e madre ebrea irachena, ci invita e ci conduce negli spazi del cortile e del primo piano a immergerci nelle materie colorate delle sue opere monumentali fino a perderci nelle illusioni spaziali dei buchi neri e nelle superfici specchianti e deformanti.
L’esposizione è curata da Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, promossa e organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi, con il sostegno principale della Fondazione CR Firenze e il patrocinio del Comune di Firenze, della Regione Toscana, della Camera di Commercio di Firenze e del Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi. Il main partner è Intesa Sanpaolo, con il contributo della Città Metropolitana di Firenze e il supporto di Maria Manetti Shrem e della Fondazione Hillary Merkus Recordati.
"Sulla scia della nostra serie di esposizioni dedicate ai maggiori protagonisti dell’arte contemporanea - afferma Arturo Galansino - Kapoor si è confrontato con l’architettura rinascimentale. Il risultato è totalmente originale, quasi una sorta di contrapposizione dialettica, dove simmetria, armonia e rigore sono messi in discussione e i confini tra materiale e immateriale si dissolvono. Nelle geometrie razionali di Palazzo Strozzi, Kapoor ci invita a perdere e ritrovare noi stessi interrogandoci su ciò che è untrue o unreal".
Lo storico Palazzo e il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina sono oggi punto di riferimento artistico e culturale dell’arte antica e dei linguaggi del contemporaneo con le innumerevoli attività, proposte e sperimentazioni, importanti esposizioni di grande successo come quella, stupenda, dello scorso anno, dedicata a Donatello, e ai contemporanei, Ai Weiwei, Marina Abramović, Tomás Saraceno, Jeff Koons e Olafur Eliasson, un continuo dialogo fra tradizione e innovazione.
Di Kapoor troviamo opere storiche e opere recenti, dalle monumentali installazioni agli spazi più intimi; i colori, le forma e le materie si muovono negli spazi, a volte annullandoli, altre assecondandoli, l’ideale armonia del palazzo deve fare i conti con un’idea nuova di scultura, cumuli di materie, spazi deformati, sculture riflettenti, forme concave e convesse. "Untrue, l’inverosimile", e "Unreal, l’irreale", ci invitano nella dimensione dell’impossibile, dove la percezione della realtà viene distorta, negata e tutto viene messo in discussione, diventa quasi impossibile ai nostri sensi distinguere il vero dal falso, spazi vuoti percepiti come pieni, con temi come la paura della morte, la sessualità, il senso dell’esistenza, l’illusione, lo sgomento, lo spaesamento.
“C’è una successione classica di ambienti - ha spiegato Kapoor - e la difficoltà nel creare questa mostra è stata proprio nell’assecondare questo flusso, questa successione, ma anche nell’interromperlo o sconvolgerlo. E poi tutta la tematica della mostra è sull’oggetto vuoto ma, essendo io pieno di contraddizioni, gli oggetti che vedete sono pieni. Sono pieni di oscurità, sono pieni di riflessi degli specchi e ovviamente questa è una complicazione. Perché ho voluto crearlo in stanze che sono così classiche anche nel rapporto tra gli oggetti, più o meno piccoli, e l’ampiezza della sala”.
Il percorso ha inizio dal lavoro progettato appositamente per il cortile e posizionato al centro dello spazio delimitato dal loggiato “Void Pavillion VII”, un grande parallelepipedo che può essere visitato da tutti, una stanza tutta bianca si contrappone, all’interno, alla visione di tre rettangoli tutti neri, di un nero che immediatamente ci porta a leggere la presenza di buchi neri, come finestre nel vuoto, facendo perdere la percezione della bidimensione e precipitare nell’angoscia dell’abisso e della morte.
Nelle otto sale del piano nobile è allestita l’antologica con opere dagli anni ‘80 ad oggi; nella prima sala l’opera più monumentale, Svayambhu, del 2007, un binario di 20 metri in cera rossa sul quale si muove lentamente un blocco sempre in cera rossa, a significare un treno che per venirci incontro sembra abbia rotto la parete che divide le due sale modellandosi nell’attraversamento dell’architettura. Di seguito l’opera Endless Column, del 1992, chiaro riferimento alla scultura Colonna infinita di Constantin Brâncuși, la colonna in pigmento rosso che attraversa la sala e buca virtualmente il soffitto e il pavimento creando un forte legame tra la terra e il cosmo; così come un insieme di forme gialle e rosse che sembrano fuoriuscire dal pavimento trasformano e si appropriano dello spazio architettonico in To Reflect an Intimate Part of the Red, del 1981. Diverso è il coinvolgimento nella sala dove sono esposte le opere specchianti, Vertigo, del 2006, in acciaio inossidabile che misura quasi cinque metri; Mirror, del 2018, sempre in acciaio, di circa due metri; Newborn, del 2019, in acciaio, misura tre metri in altezza, larghezza e profondità; tutto si riflette su queste superfici, gli elementi architettonici e i visitatori ma in continuo movimento e deformate, distorcendo la visione del reale.
Affascinante lo spazio intimo, con installazioni materiche in silicone verniciato, tecniche miste e fibre di vetro che ci procurano sensazioni più viscerali, tattili, come Today You Will Be in Paradise, del 2016, dalle forme sensuali, First Milk, del 2015, Tongue Memory, del 2016, Three Days of Mourning, del 2016, A Blackish Fluid Excavation, del 2018, in acciaio e resina che ci riporta all’interno di un grande incavo uterino. In fibra di vetro e vernice anche Gathering Clouds, del 2014, forme monocrome, concave, che annullano lo spazio per guidarci alla meditazione, allo stesso modo delle forme che si dissolvono al movimento dell’occhio in Non-Object Black del 2015. Chiude il percorso l’installazione Angel del 1990, grandi pietre di ardesia ricoperte di blu, il colore del cielo, del mistero, della purezza, che rende leggera una materia così pesante come la pietra.
In occasione della mostra la Fondazione organizza un ciclo di presentazioni in 5 biblioteche comunali di Firenze e in 6 biblioteche della Città Metropolitana di Firenze, per approfondire la conoscenza dell’artista e facilitare la lettura delle opere in mostra, offrire la consultazione e il prestito del catalogo della mostra e una selezione di volumi legati ai temi dell’esposizione. Inoltre Palazzo Strozzi propone un ciclo di quattro appuntamenti per approfondire i temi trattati da Kapoor attraverso diversi ambiti disciplinari, come la psicologia della percezione, la storia dell’arte, la fisica, la psicoanalisi; ogni settimana organizza tre speciali visite gratuite, anche in LIS, condotte da operatori appositamente formati, Seminari, Attività e laboratori per adulti e bambini. Nel campo dell’educazione, centrale è la ricerca della Fondazione, attraverso un ricco programma rivolto a giovani, scuole, famiglie e pubblici speciali, come persone con Alzheimer, Parkinson e autismo, continuando a sperimentare nuove opportunità e forme di coinvolgimento del pubblico.
About Anish Kapoor è nato a Mumbai, in India, nel 1954 e all’età di diciannove anni, nel 1973, si trasferisce a Londra per studiare arte presso l’Hornsey College of Art e il Chelsea College of Art. Attualmente vive e lavora tra Londra e Venezia. Le sue prime installazioni risalgono agli anni Ottanta, opere monocromatiche e minimaliste; gli anni Novanta lo trovano impegnato a sperimentare nuovi materiali e linguaggi scultorei che l’aiuteranno ad esplorare i campi dell’illusione e della teoria della percezione. Ha rappresentato l’Inghilterra alla 44.ma Biennale di Venezia nel 1990, città dove nel prossimo anno verrà inaugurata la Kapoor Foundation, con sede presso Palazzo Manfrin.
Nell’arco della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, nel 1991 ha vinto il Premio Turner e nel 2013 è stato nominato Commander of the Order of the British Empire.
Le sue installazioni sono esposte nei più prestigiosi musei e collezioni d'arte del mondo, dalla Tate di Londra al Museum of Modern Art di New York, ai musei Guggenheim di Venezia e Bilbao e ad Abu Dhabi. Kapoor è inoltre autore di importanti progetti d’arte pubblica, con opere architettoniche come Cloud Gate, allestito nel Millennium Park di Chicago e Orbit, collocato nel Queen Elizabeth Olympic Park di Londra.
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