Arte da comprare, il catalogo è questo

Un centinaio di esperti (anonimi) segnala 222 autori. Poi deciderà il mercato

Arte da comprare, il catalogo è questo

Una dozzina di anni fa, presso una galleria di ricerca di Genova, la DAC di Valeria Desimoni, io e mia moglie acquistammo due piccoli ovali dipinti da Guglielmo Castelli. Castelli all'epoca era un giovanissimo esordiente che nemmeno si poteva chiamare «emergente», perché aveva poco più di vent'anni, quella era la sua prima personale, e di fatto, al di là della brava gallerista, non lo conosceva nessuno. I due ovali, 18x24 centimetri, costavano 500 euro l'uno. Più o meno nello stesso periodo, dalla medesima galleria, ma per qualche migliaio di euro, acquistammo anche un olio su tela due metri per due, di una pittrice che all'epoca era invece la classica emergente, perché aveva già qualche mostra alle spalle ed era entrata in alcune grandi collezioni private. Ora Guglielmo Castelli ha trentacinque anni, è un'artista ammirato e imitato, lo trattano gallerie di Londra e New York, e per quanto ne so è l'unico pittore italiano under 40 che partecipa alle maggiori aste internazionali (Phillips, Christie's, Sotheby's), dove vende con aggiudicazioni ragguardevoli. I suoi record sono stati quest'anno da Sotheby's, con due grandi tele aggiudicate a 89mila e 200mila sterline. I nostri due ovali sono molto più piccoli e dipinti in anni giovanili, dunque non varranno mai altrettanto, ma insomma, direi che i nostri 500 euro sono stati ben investiti. E la pittrice? Ha smesso di dipingere, è sparita dalla scena. I suoi quadri, temo, oggi sarebbe impossibile rivenderli anche solo al prezzo a cui li abbiamo comprati. Che cosa ne ricaviamo? Un warning per la lettura di 222 artisti emergenti su cui investire/2024.

Il volume (240 pagine, 25 euro) edito da Exibart e curato da Cesare Biasini Selvaggi, presenta sinteticamente - con una breve dichiarazione di ogni artista, i suoi contatti social, l'eventuale galleria di riferimento, il range dei prezzi e le immagini di una o due opere - 222 artisti italiani, o stranieri ma residenti in Italia. La selezione è stata fatta da un panel di un centinaio di esperti, che potevano presentare due nomi a testa e che, si spiega alla prima pagina del volume, sono tra i «più prestigiosi curatori, critici, giornalisti e gallerie d'arte» italiani. Ma che, per scelta di Biasini Selvaggi, resteranno anonimi. Vien voglia di lasciar cadere la battuta: un libro di sicuro successo commerciale, 222 copie vendute garantite, o anche 666, se ci aggiungiamo i genitori degli artisti. Ma sarebbe una battuta ingenerosa. Il libro è gustoso e interessante, e coglie, mentre sta avvenendo, la crescita di molti giovani talentuosi.

A proposito: «emergente» in campo artistico è una definizione quasi codificata. Si applica a un artista agli inizi della carriera, con una produzione ancora limitata ma con una galleria o un critico che lo sostengono, dunque un artista che ha attirato l'attenzione su di sé, anche se ancora non gode di una solida reputazione tra critici e collezionisti e non ha alcuna possibilità di essere battuto in asta. Per menzionarne solo qualcuno tra i 222, ci sono nomi ben noti come Andrea Fontanari, Aronne Pleuteri, Alice Faloretti, Adelisa Selimbaic, Pietro Moretti, che già hanno più di un critico che li apprezza, gallerie di riferimento, collezionisti che li comprano, importanti residenze d'artista, premi. I 222 artisti del libro non sono insomma improbabili wannabe dell'arte, ma hanno talento, stanno crescendo e ci sono evidenze che questo stia accadendo. Dunque hanno chance di arrivare tra qualche anno a un'affermazione su più ampia scala, a un mercato stabile, a un ingresso positivo nelle aste. Ma sono davvero artisti su cui investire? Qualcuno di loro diventerà il Gugliemo Castelli di domani, o finirà come l'altra artista, quella che ha mollato tutto?

Le chance sono questo, possibilità, e ogni previsione è un azzardo. Investire su questi artisti, acquistarli con l'idea che rendano, è molto simile a una scommessa. Certo che vale la pena acquistarli, ma è meglio se lo consideriamo un investimento culturale, vicino al mecenatismo. Mettiamola così: prenderli è sostenere il lavoro di bravi giovani artisti, è appendere in casa belle opere di qualità, mentre allo stesso tempo si prova il brivido dello scommettitore. Il collezionismo degli emergenti funziona così, si compra bellezza e talento, e si tiene accesa la debole fiammella di un retropensiero: potrebbe anche andarci bene e tra qualche anno il nostro acquisto si trasformerà in un tesoretto. E questo, come contraltare a un titolo un po' furbo, è anche ciò che, con onestà intellettuale, scrive Cesare Biasini Selvaggi nelle pagine introduttive del libro.

L'edizione 2024 è la quarta replica del libro, quasi il 40 per cento dei 222 è di genere femminile, c'è una vasta predominanza del mezzo pittura, una piccola fetta per la scultura, quote marginali per videoarte, performance, fotografia. Le precedenti edizioni erano targate 2021, 2019, 2018. Mi sono procurato la 2021 e ho fatto questo confronto: quanti dei 222 artisti conosco nell'edizione 2024, e quanti in quella 2021? Una cinquantina e una quindicina, rispettivamente. Forse tre anni fa non praticavo ancora con l'assiduità di oggi il circuito degli studi d'artista, degli show post-residenze, delle collettive di esordienti, e questo potrebbe essere il motivo.

Però, solo il 10 per cento degli artisti selezionati nell'edizione precedente è presente anche in quest'ultima.

Perché il restante 90 per cento non è più degno di investimento, scomparso nell'ombra nel giro di soli tre anni? O perché invece è passato a uno status consolidato, e quindi non è più «solo» emergente? Più probabilmente, invece, è perché i selezionatori sono stati totalmente rinnovati, e con loro è cambiata anche l'inquadratura sulla giovane arte italiana di qualità, che offre un panorama molto più ampio persino di un elenco di ben 222 nomi. Quando, finito di leggerlo, ho pubblicato la foto del libro su Instagram, il messaggio più frequente di molti dei miei giovani amici artisti è stato «uffa, ero il numero 223». E avevano tutti ragione.

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