
Quando Franco Battiato, nel 1978, vinse il Premio Stockhausen, aveva alle spalle un prezioso periodo di apprendistato con Karl Stockhausen, il compositore tedesco campione delle avanguardie, che conobbe nel 1972. Il brano con cui si aggiudicò il premio, L'Egitto prima delle sabbie, è sostanzialmente uno studio pianistico composto solamente da una scala di Do maggiore ripetuta per 14 minuti in un'ottica di indagine timbrica: lo scarno materiale melodico, infatti, lascia spazio alla ricerca acustica sugli armonici offerti dal suono del pianoforte che risuona, si amplifica o si smorza tramite il sapiente uso dei pedali. Una ricerca che era stata preceduta da Za, brano del 1977 composto unicamente da pochi accordi dissonanti ripetuti ossessivamente per 19 minuti trasformando la tastiera in strumento percussivo, e che si dilata anche in un altra composizione sempre del '78, Sud afternoon per due pianoforti.
Ma nel 1978, quando Battiato arriva a vincere quel prestigioso concorso pianistico, il compositore è anche all'apice di un periodo di ricerca e sperimentazione attorno alla musica d'avanguardia, elettronica, vocale, concreta, ma non solo. L'eclettismo di Battiato all'interno della galassia della musica contemporanea è testimoniato, infatti, anche da altri suoi sperimentalismi legati alla musica organistica.
L'incontro tra Battiato e l'organo vale la pena di essere raccontato. Lo strumento lo accompagnò sin dall'infanzia - lo racconta egli stesso in Mesopotamia: «I primi accordi su di un organo da chiesa in sacrestia» - e nel '75 riuscì miracolosamente a sedere alla consolle di uno dei più belli d'Italia: l'organo della cattedrale di Monreale. Realizzato nel 1967 e inaugurato da Fernando Germani, è uno strumento monumentale di diecimila canne, a sei tastiere e duecento registri: una sorta di miraggio per ogni organista.
Il giovane Battiato, a Monreale, riuscì a raggiungere l'organo facendosi presentare come un famoso organista straniero in visita in Italia desideroso di provare lo strumento che, in quegli anni, da poco inaugurato, era certamente uno degli organi più in vista d'Italia. Il sacrestano acconsentì e fu così che, prima di destare sospetti con le sue improvvisazioni poco canoniche, il compositore riuscì a registrare parecchio materiale che confluì poi in M.elle le «Gladiator». Una prima comparsa dell'organo si trova già nel finale di Goutez et comparez: l'organo fa il suo ingresso con il suo pieno sonoro facendo da base per la voce di Battiato che si lascia andare a melismi arabeggianti. Il suono dell'organo, così volteggiante nel riverbero, dà l'impressione di immobilità.
Il capolavoro di Battiato per organo è però, senza dubbio, Canto fermo che, con Orient effects, compone il lato B di M.elle le «Gladiator» del 1975. Si tratta di una improvvisazione organistica di quasi sei minuti dedicata alla memoria dell'amico Riccardo Mondadori: «A lui la vita non è stata tolta, ma solo trasformata», recita il sottotitolo del brano apposto dallo stesso Battiato. Una frase tratta dal prefazio della messa da requiem che spiega anche la trasfigurazione sonora veicolata dal pezzo in cui la musica non è annullata, ma trasformata. E infatti, Canto fermo si apre con asprissimi clusters che creano acri fasci di suoni che piano piano si diradano fino a giungere progressivamente a un'opposta sonorità scarna con armonie dal sapore antico che ritorneranno nel suo stile successivo. È una musica che rinuncia alla melodia e al ritmo e, nella sua statica atemporalità, si concentra esclusivamente sul suono. Battiato, qui, si rifà alla tecnica del «continuum materico», attingendo palesemente alle sperimentazioni avanguardistiche degli anni precedenti.
Il caso più evidente è quello di György Ligeti, compositore ungherese che, tra il 1961 e il 1962, aveva scritto il monumentale Volumina. Ma se Ligeti è la fonte più evidente, non è l'unica. Colpisce, infatti, come l'esperimento di Canto fermo si inserisca perfettamente in quel filone sperimentale che conobbe la musica organistica negli anni '60. Un clamoroso esempio, meno noto di quello di Ligeti, sono Konstellations e Interferenzen dello svedese Bengt Hambraeus, allievo peraltro di Stockhausen ai corsi di Darmstadt, che con il brano di Battiato condividono molto. Un altro compositore che concepì l'organo come strumento su cui improvvisare sperimentazioni fu l'argentino Mauricio Kagel con Improvisation ajoutée. In entrambi i casi di Hambraeus e Kagel, la concezione improvvisativa, così come in M.elle le «Gladiator» è strutturalmente evidente.
Altro lavoro di Battiato dedicato all'organo è Orient effects in quattro sezioni.
Anche qui, l'effetto ricercato è esclusivamente acustico: la micro movimentazione melodica e armonica crea un flusso di battimenti che si traduce in una ritmica interna al brano.È sempre difficile classificare e giudicare Battiato: non lo faremo, limitandoci a dire che la sua musica degli anni '70, compresa quella per organo, è una delle sue vette.
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