Otto tra bonus, detrazioni e contributi sostituiti con un unico assegno: appunto l'assegno unico per le famiglie. Sempre, naturalmente, che la prossima legge di bilancio trovi le risorse necessarie e che il Senato completi l'iter di approvazione (il sì della Camera c'è già stato).
A sparire dovrebbero essere, tra l'altro, gli assegni familiari, le detrazioni per i figli a carico, un paio di bonus introdotti negli ultimi anni (bebè e mamma). Al loro posto un sostegno, sotto forma di assegno o di credito d'imposta a seconda dei casi, che spetterà dal settimo mese di gravidanza ai 18 anni di età del figlio (e poi a scendere fino ai 21). L'ammontare calerà con l'aumentare del reddito, e sarà più alto in caso di disabilità o a partire dal terzo figlio. Pensato per semplificare gli aiuti alle famiglie il provvedimento dovrebbe avere anche conseguenze sul cuneo fiscale che penalizza le aziende. Oggi spetta alle imprese private versare una parte (circa un terzo, con un contributo dello 0,68%) degli assegni familiari. Con l'assegno unico anche questa parte, come gli altri due terzi, sarà a carico dello Stato. La novità, ispirata a un criterio di equità visto che il nuovo assegno spetterà anche alle partite Iva e ai piccoli imprenditori (che non verseranno contributi) potrebbe contribuire ad alleggerire, sia pure di qualche punto decimale il costo del lavoro.
Tutto perfetto? C'è ancora un problema non da poco, per il
momento rimasto irrisolto: i soldi. Per finanziare la riforma senza penalizzare i titolari degli attuali benefici (il principio di base è che nessuna famiglia dovrebbe incassare meno di prima) servono tra i 7 e gli 11 miliardi.
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