Assolto il pugile assassino: «È pazzo»

Assolto il pugile assassino: «È pazzo»

MilanoGli ultimi istanti di vita finiscono su un marciapiedi, in una mattina d’agosto. Emlou Arvesu, filippina di 41 anni, ha appena accompagnato uno dei figli a casa della sorella. Sta andando al lavorare. Fa la colf, e quello è l’ultimo giorno prima di partire per le vacanze. Cammina e non sa di trovarsi nel luogo sbagliato, al momento sbagliato. La aspetta una fine senza senso. Un ragazzo le si fa incontro. È la furia che si avvicina. Non sa chi sia, ma la scaraventa contro la vetrata di una banca, la fa cadere a terra, la colpisce con violenza, infierisce ancora. Oleg Fedchenko è un pugile dilettante - «un pugile scarso», secondo i compagni di ring -, e a pugni uccide la donna. Solo perché lei è lì, lei e non qualcun altro perché è lei che incontra per prima dopo essere uscito di casa. Ma il killer, ora, viene assolto. Perché - dicono una perizia e un giudice - il giovane ucraino è affetto da schizofrenia, e in quel momento non era in grado di intendere e di volere.
Così ha deciso, ieri, il gup di Milano Roberta Nunnari. Oleg Fedchenko - oggi 27enne - è un uomo pericoloso, e per questo dovrà trascorrere i prossimi cinque anni in un ospedale psichiatrico giudiziario. Ma niente carcere, per l’ex muratore e buttafuori con l’ambizione dei guantoni, e un passato fatto (anche) di droghe, anabolizzanti e depressione. Una sentenza destinata a sollevare polemiche, ma che si basa su una perizia psichiatrica disposta durante le indagini, e stilata da Ambrogio Pennati, psichiatra, psicoterapeuta e psicopatologo forense. Fedchenko - aveva scritto l’esperto nominato dal gip Cristina Di Censo - soffre di una grave forma di schizofrenia paranoide. Dunque, non è imputabile del reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalla crudeltà che gli era stato contestato dalla Procura. Al perito, spiega una prima volta di essere stato infastidito dal cane della filippina (ma di cani, la vittima non ne aveva), e un’altra che in lei ha visto il demonio.
Così, l’ucraino se la cava con una condanna a 9 mesi per detenzione illegale di coltelli, trovati nella sua abitazione durante le perquisizioni. Tutto questo, nonostante Fedchenko - la mattina dell’8 agosto del 2010, in viale Abruzzi - colpisca Emlou Arvesu talmente tante volte e con tale forza da sfondarle le ossa del viso, scorticandosi le mani e procurandosi la frattura delle nocche. Accecato dalla follia e dalla rabbia, si «vendica» su una donna qualunque, convinto che la fidanzata l’abbia lasciato. Lo dice anche alla madre, prima di uscire di casa: «Scendo in strada e ammazzo qualcuno». La donna cerca di fermarlo, poi spaventata chiama il 113. Una pattuglia arriva in viale Abruzzi, a circa 200 metri dalla casa di Fedchenko. Ma è tardi. Sporco di sangue, con le nocche scarnificate, il pugile affronta anche gli agenti e ne ferisce uno. Infine, viene arrestato. Davanti al magistrato è in stato confusionale. Dice di non ricordare nulla. Emlou Arvesu, invece, viene portata in ospedale, e dichiarata morta tre ore più tardi.
La decisione del gup Nunnari, dunque, accoglie in sostanza la richiesta di assoluzione avanzata dal pubblico ministero Francesca Celle, anche se per il pm la permanenza nell’ospedale psichiatrico doveva essere di 15 anni, e non di cinque.

Allo termine di questo periodo, sarà un giudice di sorveglianza a pronunciarsi sull’opportunità che Fedchenko torni libero. Fra 60 giorni, con il deposito delle motivazioni, il gup spiegherà invece qualcosa che è chiaro già oggi: e cioè che un omicida pazzo va curato, e che una donna è stata ammazzata senza un motivo.

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