Inchiesta sui lobbisti Ue. Perquisizioni e arresti

Faro su Huawei, ipotesi corruzione, falso e riciclaggio. Fermato ex assistente di deputati italiani, non indagati

Inchiesta sui lobbisti Ue. Perquisizioni e arresti
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Una nuova retata a Bruxelles, e l'ombra di una nuova corruzione dentro il Parlamento europeo. Due anni e mezzo dopo il Qatargate un'altra indagine scuote il cuore delle istituzioni Ue. Ancora presunte mazzette, e un'inchiesta che percorre il confine sottile che separa il lobbismo dalle tangenti. Questa volta, secondo le prime e ancora poco circostanziate accuse, per portare avanti gli interessi di un colosso delle telecomunicazioni, la società cinese Huawei. Sarebbero una quindicina gli eurodeputati ed ex coinvolti, secondo il quotidiano belga Le Soir, ma sui nomi la Procura mantiene il massimo riserbo. I magistrati ipotizzano l'esistenza di un'organizzazione criminale, e i reati di corruzione, falso e riciclaggio. Sotto la lente ci sarebbero regali, biglietti per partite di calcio, con Huawei che è sponsor di diverse squadre, e viaggi da migliaia di euro che non sarebbero stati dichiarati al Parlamento Ue. Ma anche bonifici.

Ieri all'alba un centinaio di agenti della polizia giudiziaria federale hanno perquisito 21 indirizzi nella capitale belga, nelle Fiandre, in Vallonia e in Portogallo. Secondo Le Soir, alcuni trasferimenti di denaro sarebbero avvenuti anche tramite società portoghesi, da qui le perquisizioni in loco. Gli agenti sono andati anche agli uffici Huawei di Bruxelles. In manette sono finiti diversi lobbisti sospettati di aver corrotto attuali o ex parlamentari europei per spingere la politica commerciale di Huawei sulla tecnologia 5g. Arrestato un italo belga, Valerio Ottati, 41 anni, direttore degli affari pubblici dell'ufficio Huawei a Bruxelles dal 2019, da quando cioè, secondo gli inquirenti, la società avrebbe cercato di promuovere la sua tecnologia in Europa. Secondo le indagini, partite dai servizi segreti, la presunta corruzione andrebbe però avanti dal 2021, «praticata regolarmente e in modo molto discreto sotto le mentite spoglie di attività di lobbying commerciale e assumendo varie forme, come la remunerazione per posizioni politiche o persino regali eccessivi, come spese di vitto e di viaggio, o inviti regolari a partite di calcio», ha confermato la Procura federale. Ottati prima di lavorare per il colosso cinese aveva fatto l'assistente per l'ex europarlamentare di Forza Italia Enzo Rivellini, e per quello del Pd, Nicola Caputo, oggi in Italia Viva. Né Rivellini né Caputo risultano essere indagati anche perché i reati ipotizzati risalgono a quando loro non erano più in Parlamento Ue. I sigilli sono stati messi anche a due uffici di due assistenti parlamentari, uno dei quali nello staff di un eurodeputato di Forza Italia, Marco Falcone, estraneo all'inchiesta. L'altro sarebbe di Adam Mouchtar, assistente dell'europarlamentare bulgaro Nikola Minchev, che fa parte della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, anche lui non indagato. In tutto, secondo quanto scrivono i media, sarebbero circa 15 gli attuali o ex eurodeputati coinvolti. «I benefici finanziari legati alla presunta corruzione sarebbero stati mescolati a flussi finanziari collegati al pagamento delle spese della conferenza e versati a vari intermediari allo scopo di nasconderne la natura illecita o di consentire agli autori di sfuggire alle conseguenze delle loro azioni dicono dalla Procura di Bruxelles Da questo punto di vista, l'indagine mira anche a rilevare, ove opportuno, elementi di riciclaggio di denaro». Il presunto attivismo di Huawei sarebbe stato finalizzato a impedire che pressioni ostili, soprattutto americane, escludessero le compagnie cinesi dai mercati.

I giornali ora vanno a caccia di dichiarazioni degli europarlamentari a favore della Cina. Come era accaduto per il Qatargate. Col rischio di mettere tutto insieme: l'attività politica, le lobby, e presunte corruzioni tutte da dimostrare.

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