La prima domanda è come sia possibile che l'aria di Milano, domenica scorsa, sia risultata la terza peggiore del mondo (indice 193 secondo l'air Air Quality Index) dietro solo le inquinatissime Lahore (Pakistan, indice 252) e Dacca (Bangladesh, indice 2499). La seconda domanda è come sia possibile che Milano e la Pianura Padana coincidano nondimeno con un'aspettativa di vita tra le più alte del mondo, come se lo smog facesse bene alla salute anziché minarla, e questo in una zona dove gli amministratori più collaudati si sono arresi all'inutilità dei blocchi del traffico i quali, soprattutto in un giorno o due, non influenzano in alcun modo i livelli delle polveri.
La risposta a queste domande non è complicata. Anzitutto va confermata una regola generale: più c'è inquinamento e più la gente tende a morire per malattie cardiache (24 per cento) o ictus (25 per cento) o tumori ai polmoni (29) o cosiddetta broncopneumopatia (addirittura 43 per cento) come attestano anche le cifre dell'Organizzazione mondiale della Sanità, secondo le quali milioni di decessi sono legati all'impiego di stufe e combustibili per la cottura dei cibi, questo soprattutto in India, in Cina, Medio Oriente e Africa. Ricordiamo che è attorno alle città che si addensa il 92 per cento della popolazione mondiale. Tornando all'Italia, tuttavia, vanno confermate anche le due classifiche europee che stimano, rispettivamente, le aree con la peggior aria continentale (misurate dall'Agenzia per l'ambiente) e poi quelle in cui la popolazione tende a vivere di più (misurate da Eurostat): ne risulta che, su 3,9 milioni di persone che vivono nelle aree più inquinate, ben 3,7 milioni abitano nel Nord Italia, inteso come le zone della Pianura Padana dove le montagne rimbalzano l'inquinamento di auto, fabbriche e fabbrichètte, ma inteso, pure, come il Trentino Alto Adige che di pianure praticamente non ne ha; la seconda e citata classifica, quella delle regioni europee con l'aspettativa di vita più alta, vedono tuttavia riapparire proprio la Lombardia e il Trentino con una media più di 84 anni, che è tre anni in più rispetto alla media europea.
Come si spiega la contraddizione? Approfondiamo i dati. Lombardia e Trentino sono tra le regioni più ricche e sviluppate dell'intera Unione europea. Secondo dato: gli studi dell'Agenzia per l'ambiente misurano i dati sulle emissioni e quelle legate al trasporto su strada, particolare, sono le più dannose di tutte e si intensificano ovviamente nelle città, laddove il peggio viene dal biossido di azoto e dal cosiddetto particolato. Poi ci sono i numeri contradditori di Eurostat secondo i quali l'Italia è il secondo Paese d'Europa dove si vive di più (in media 83,4 anni, con in testa Trento e Bolzano con 84,3 e 84,1 anni) e dove c'è il curioso primato assoluto della longevità degli uomini: che pure, tradizionalmente, vivono meno delle donne; nella top ten maschile figurano l'Umbria (81,8 anni), la Toscana (81,7), la provincia di Trento (81,6), la Lombardia, la provincia di Bolzano, l'Emilia-Romagna e le Marche (81,5). Le donne si rifanno in sei regioni spagnole (la migliore è la Comunidad de Madrid, con 87,8 anni), tre francesi (guidate dalla Corsica con 87,1 anni) e una italiana (Trento, 86,9 anni). Detto questo, la media europea è 81 anni e il record di longevità è appunto spagnolo, con un'aspettativa generale di 83,5 anni: stiamo parlando di oltre 8 anni in più rispetto alla Bulgaria, alla Lettonia e alla Lituania, ferme sul fondo della classifica con 74,9 anni. In Italia, invece, tra le regioni, il fanalino di coda è la Campania con 81,7, ma le mitomanie sulla cancerosità della cosiddetta «terra dei fuochi» non c'entrano nulla, com'è ormai scientificamente dimostrato. C'entrano, semmai, gli stessi fattori che spingono anche tanti campani ad andare a curarsi negli ospedali dell'inquinato Nord: ossia l'approccio culturale alla salute e il livello delle strutture sanitarie della singola regione. Da qui il paradosso: è meglio vivere in una zona inquinata con buone strutture sanitarie anziché in una zona pulita ma con strutture sanitarie pessime. Così pure, il benessere economico e la coesione sociale favoriscono una predisposizione alla prevenzione che a sua volta salva molte vite.
Ma va anche detto che a questo paradosso non siamo arrivati dall'oggi al domani. In Lombardia si è passati dai 300 ug/m3 di pm 10 degli anni Settanta ai meno di 100 attuali (dati Arpa) e in sostanza, 50 anni fa, l'inquinamento era tre o quattro volte maggiore di oggi, epoca che ha visto sparire l'anidride solforosa (quella delle piogge acide) e che ha fatto emettere a un'auto euro5 venti volte meno inquinanti di una vecchia euro0. Così pure i riscaldamenti a carbone sono scomparsi, quelli a gasolio sono stati perlopiù sostituiti dal metano (o gpl) e le fabbriche si sono spostate fuori dalle città, o, purtroppo, all'estero.
Lo smog di una volta ce l'hanno cinesi e indiani, mentre da noi a produrre polveri sottili c'è sì il traffico o il riscaldamento, ma anche i cantieri edili, il sale antighiaccio, molto l'agricoltura (le arature, i fertilizzanti azotati, i letami, i liquami) e persino i mezzi elettrici, che producono pm10 per il rotolamento delle gomme o delle ruote d'acciaio sulle rotaie. E c'è anche la natura, visto che la pianura Padana (ma anche la Valdarno fiorentina) non lasciano dissipare gli inquinanti. Molte emissioni poi vengono dal riscaldamento, ed è normale che sotto le Alpi lo accendano prima che a Catania.
Anche il traffico è in calo, e mezzi pubblici efficienti (salvo scioperi) fanno la loro parte. A Milano la sola Linea 2 della metropolitana (quella verde) trasporta circa 550mila persone, quando l'intero Molise ha 314mila abitanti. Milano, di linee, ne ha quattro. E, forse, di ospedali, di più.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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