Anche il sessismo può essere donna

Affermare una sorta di divieto di "insultare pubblicamente" le donne implicherebbe il sottinteso che gli uomini, come tu giustamente fai notare, possano essere presi di mira ed essere fatti oggetto di offese, improperi, denigrazione, violenza verbale

Anche il sessismo può essere donna
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Gentile Direttore Feltri, leggo l’ennesimo appello femminista di Dacia Maraini che afferma: «Proporrei di aggiungere nel codice penale che in questo Paese democratico è proibito insultare pubblicamente le donne come è proibito inneggiare al fascismo». Quindi, se invece vogliamo insultare gli uomini, possiamo farlo? Evidentemente per costei le donne hanno bisogno di essere protette perché deboli e incapaci di farlo da sole. Fossi una donna mi offenderei, ma soprattutto non comprerei mai un disco di tale Tony Effe: cosa che invece sembra facciano. Forse si reputano abbastanza forti e indipendenti da sopportare volgarità in musica senza il bisogno di «essere protette». Maschilismo e femminismo sono due facce della stessa medaglia: il sessismo.

Roberto Bellia

Vermezzo con Zelo (Milano)


Caro Roberto, la cultura giuridica delle femministe di oggigiorno è alquanto deficitaria e mi ritrovo a constatarlo spesso con amarezza e pure con costernazione. Troppo impegnate nel processo al maschio, queste signore che si battono con fervore e ferocia per le astine alle vocali, non hanno mai aperto un manuale di diritto e dunque trascurano che la medesima Costituzione, la nostra fonte interna suprema, non contiene la distinzione tra maschio e femmina, essa si occupa di e riguarda la persona umana ponendo sullo stesso piano, ossia in una condizione di parità assoluta, il maschio e la femmina, inglobati, come ho appena specificato, nel sostantivo «persona ». La nostra Carta si riferisce a «persona » ove enuncia quelle libertà inviolabili che non sono un appannaggio di genere.

Affermare una sorta di divieto di «insultare pubblicamente» le donne implicherebbe il sottinteso che gli uomini, come tu giustamente fai notare, possano essere presi di mira ed essere fatti oggetto di offese, improperi, denigrazione, violenza verbale. Insomma, porre una simile regola determinerebbe

che i maschi possano essere lecitamente insultati. Ma mi preme sottolineare un’altra schizofrenia contenuta nelle dichiarazioni di Dacia Maraini, che tu riporti fedelmente. Ella parla della necessità di instaurare il divieto di «insultare pubblicamente le donne». Ma cosa vuol dire? Che in privato invece sia legittimo farlo? Insomma, in una unica frase ci sono almeno due cortocircuiti femministi, anzi quella pronunciata da Maraini contiene pure un terzo cortocircuito, che risiede nell’assimilazione che le femministe fanno abitualmente del sessismo al fascismo, che sono diventati sinonimi, ne discende che, essendo a sua volta i conservatori o comunque i moderati di centrodestra accorpati ai fascisti e chiamati fascisti, chi si dice di centrodestra viene automaticamente etichettato quale maschilista, odiatore delle donne, molestatore, sostenitore del patriarcato.

I progressisti ragionano sulla base di stereotipi ottusi e lo si evince anche dal pensiero della scrittrice in questione, la quale vorrebbe che, proprio come è vietato inneggiare al fascismo, fosse codificato il reato

di «insultare in pubblico le signore». Per di più l’insulto, ossia l’ingiuria, che apparteneva alla categoria dei delitti contro la persona (e non contro uno specifico sesso, dato che viviamo in uno Stato di diritto dove la legge - ricordiamolo alla brillante Dacia - non si applica in base a quello che un essere umano nasconde nelle mutande) è stata depenalizzata da tempo. Il nostro ordinamento adesso considera l’ingiuria un illecito civile e non penale, ovvero una condotta illecita che si sostanzia in un comportamento offensivo del decoro e lesivo dell’onore di una persona presente e per il quale è possibile chiedere ed eventualmente ottenere un risarcimento del danno, non la reclusione dell’autore dell’illecito stesso.

So

che ormai il 25 dicembre è passato ma sarei ben lieto di regalare alla signora Maraini, qualora non ci avesse già pensato Babbo Natale, un bel manuale di scienze giuridiche corredato di una copia della nostra Costituzione.

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