Un padre ha impugnato la sentenza della Corte d'Appello di Ancona, che gli impediva di avere i pernottamenti con il figlio «fino al terzo anno di età del bambino». Infatti, la Corte aveva ritenuto giusto che quel figlio, di quasi due anni al momento della decisione, non dovesse pernottare con il papà, in quanto ancora allattato al seno della madre. Il papà, dispiaciuto, ha fatto ricorso in Cassazione per violazione del diritto/dovere alla bigenitorialità, ritenendo che le modalità di visita, così come predisposte, fossero pregiudizievoli per il figlio e poco rispettose della notevole distanza tra le case del papà e della mamma.
La Cassazione ha giudicato inammissibili le doglianze paterne, giacché non riguardavano la valutazione illegittima di principi giuridici e processuali, ma chiedevano solamente la diversa valutazione dei fatti, già esaminati dai giudici di merito. Dunque, la Cassazione, confermando la decisione impugnata, non ha affermato un principio assoluto e categorico in forza del quale tutti i figli non possono pernottare dal genitore separato, o comunque sia non convivente, fino al terzo anno di età.
Quanto scritto dalla Corte vale solo per quel caso di Ancona. Infatti, si è limitata a dire di non poter discutere la questione, in quanto il ricorso era
inammissibile. Hanno, perciò, interpretato male la decisione tutti quegli organi di stampa che hanno voluto vedere nella sentenza della Cassazione l'espressione di un orientamento nuovo e categorico, e quindi l'affermazione di un nuovo principio di diritto.
Gli attacchi di panico di molti papà e le grida di trionfo di molte mamme, possono, invece, essere placati dalla lettura della sentenza, che non si sogna, infatti, di dare disposizioni nuove sulle frequentazione tra i bambini e i loro papà.
Del resto, sarebbe assurdo che ci fosse una regola basata sull'età dei figli, anziché su argomentazioni specifiche, che riguardano le capacità dei papà o delle mamme, lo stato psicofisico dei bambini e le abitudini quotidiane di tutti. Forse il padre di Ancona aveva sperato e chiesto di avere, sin da subito, la metà di tutti i tempi del bambino. Questo è un errore che commettono molti padri, quando si convincono che affidamento condiviso e diritto/dovere di bigenitorialità significhino dividere il bambino esattamente a metà, come spese di mantenimento, come tempi di frequentazione e come possibilità di gestione dell'affetto. Con l'identica valorizzazione di ciascun genitore. Non è così.
Solidarietà non significa diritti e doveri al 50%, bensì contemporaneità di tutto, ma secondo tempi e modi che rispettino la realtà quotidiana di ciascun bambino. E, certamente, non è vero che tutti i minori siano uguali e che la loro vita possa essere spezzata a metà, solo ed esclusivamente nell'interesse pratico ed economico di genitori più adusi alla matematica, che ai sorrisi dei loro figli.
Per esempio, il Tribunale di Roma ha valutato adeguato per una bambina di appena 16 mesi di pernottare dal padre, «in modo da determinare, nella coscienza e nelle abitudini della minore, anche a livello inconscio, un legame radicale con entrambi i genitori».
Ma anche a Milano, qualche anno fa, il grande giudice, dott. Buffone, sosteneva indispensabili i pernottamenti dei bambini con il papà soprattutto perché «i padri devono cominciare da subito a fare i papà».
A Trieste, a un bambino molto piccolo, è stato riconosciuto il diritto a pernottare con il papà, perché la madre non è riuscita a dimostrare l'inadeguatezza del padre, il quale, invece, era stato promosso dagli psicologi e dal giudice come più che adeguato.In conclusione: papà non dovete sentirvi discriminati; mamme simbiotiche non cantate vittoria, per una sentenza della Cassazione male interpretata.
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