Chi non sa sognare cade nella mediocrità

Chi non sogna vorrebbe vederci affogare nella sua medesima mediocrità, nelle acque stagnanti della sua stessa rassegnazione

Chi non sa sognare cade nella mediocrità
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Egregio Vittorio Feltri, sono un sognatore di natura, ed è stata la mia salvezza! Da sempre sostengo che per raggiungere una meta bisogna innanzitutto sognarla. Ho 84 anni, sono nato in un vicolo di Napoli e appartengo a quella generazione di vecchi che non sono stati mai bambini. Non si poteva essere bambini in quei terribili anni '40 vissuti in una Napoli distrutta dai bombardamenti, mortificata dalla fame e lacerata da migliaia di vittime. Col passare degli anni ho iniziato a guardare oltre la siepe del mio piccolo giardino e ho cominciato a sognare quel Nuovo Anno capace di rinnovare tutte le coscienze. Continuare a sognare e a sperare a 84 anni significa volere con testardaggine credere ancora nella capacità dell'essere umano di saper trovare dentro di sé quelle spinte emozionali capaci di cambiare il destino del mondo. Non dispero e sogno perché voglio continuare a credere che l'umanità riuscirà prima o poi a spalancare le porte chiuse delle proprie limitazioni per raggiungere distese più vaste in cui i sogni più belli diventeranno realtà. E sogno governanti impegnati a restituirci la dignità di persone perbene e laboriose. Donne e uomini determinati e capaci di combattere la massa di quei malfattori assetati di sporco potere che vanifica i sacrifici di tutti gli onesti e spero che il 2025 ci porti una classe dirigente capace di decapitare quella malefica piovra che ha creato metastasi mortali nel tessuto sano del nostro Paese. Sogno che il desiderio di cultura e di giustizia diventino il nostro pane quotidiano e nessun essere umano debba mai più versare lacrime per colpa di una società ingiusta e prevaricatrice. Non ho mai smesso di sognarlo e continuo ad aspettarlo!

Caramente,
Raffaele Pisani

Caro Raffaele, ti ringrazio per la tua splendida lettera, che desidero pubblicare per condividere con i lettori di ogni età il messaggio fondamentale che essa contiene, relativo all’importanza di non smettere mai di sognare, ovvero di coltivare la speranza, l’aspettativa nel domani. Ciò che di più straordinario trovo nelle tue parole è rappresentato dal fatto che, nonostante tu abbia sulle spalle oltre otto decenni di vita, che pesano, io lo so per diretta esperienza, tu riesca tuttora a fare del sogno una attività quotidiana, mentre, al giorno d’oggi, i ragazzi sembra abbiano già smesso di confidare nel futuro, oltre che in loro stessi. Mi hai ricordato il monito del pretino che ha provveduto alla mia educazione e alla mia formazione, monsignor Meli, il quale mi ripeteva: «Chi non sogna non segna». Si trattava di una esortazione a nutrire alte ambizioni ed elevati scopi, dunque a perseguirli con ostinazione e buona volontà, impegno e disciplina, e anche spirito di sacrificio.

Adesso quello che non è facile non piace e quello che è facile annoia. Inevitabile allora che le nuove generazioni siano prive di obiettivi, frustrate e persino depresse. È il sogno a mantenerci vivi, a mantenerci attivi, freschi, puliti. Si dice che il sognatore sia un illuso, forse sciocco. Per me, invece, è un testardo, uno che sa cosa vuole, un individuo di carattere, temprato e forgiato, che non si arrende, che resiste mentre altri tentano di smontare i suoi sogni in quanto non sopportano che qualcuno abbia il coraggio di sognare e possa farcela per questo.

Chi non sogna vorrebbe vederci affogare nella sua medesima mediocrità, nelle acque stagnanti della sua stessa rassegnazione.

Raffaele, io ho sognato tanto e, seguendo le indicazioni del mio pretino, che chiamo così perché era tanto basso di statura quanto alto di moralità, sono diventato ciò che desideravo essere e ho fatto ciò che desideravo fare nella vita fin da quando avevo appena sei anni, anzi, la realtà ha superato il sogno, poiché non avrei mai potuto immaginare che avrei percorso tutta quanta la strada che ho alle spalle. E ce ne sarebbe abbastanza per fermarmi, ritirarmi, dire a me stesso «ok, adesso basta», eppure non ci riesco.

È un po’ quella sana malattia che hai tu, la quale ogni mattina ti porta a guardare avanti, oltre la siepe, oltre l’ultimo limite, o l’ultimo traguardo.

Auguri, amico mio. Auguri a chi, come noi, ha i sogni ancora accesi.

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