Milano non è una città chiusa. Non lo è per antico statuto e per vocazione. Non lo è perché non ha mai avuto paura di volgere lo sguardo un po' più in là, più avanti, senza lasciarsi intorpidire dalle preoccupazioni su quello che verrà. Milano non è soltanto vicino all'Europa, qualche volta prova perfino a spiazzarla, con la sua bellezza discreta, magari da andare a cercare dentro i cortili, per divertirsi a creare quello stupore, arte disarmante di ogni seduzione. Milano non dovrebbe rinnegarsi. Non è mai stata una città per pochi, per chi se la può permettere, per chi si ostina a arrivare dalla provincia in treno e, bestemmia capitale, dalle macchine sporche di chilometri fuori porta. Milano dovrebbe essere un'occasione. È un modello di integrazione che alla fine, senza fatiche e sputi, ha funzionato per chi veniva dal Sud. Tanto che non è poi così facile oggi riconoscere i nipoti dei meridionali.
È la bellezza di questa città che non ha mai chiesto a nessuno chi conosci (come capita a Roma) o da dove vieni, ma domanda sempre la stessa cosa: che sai fare? È da qui che bisogna partire per raccontarla, per vedere come stanno cambiando le sue strade e i suoi palazzi, per immaginare come sarà tra vent'anni, quando saremo tutti connessi e l'intelligenza artificiale gestirà le dinamiche della vita. Milano è tante metamorfosi che si inseguono, la speranza è non perdersi.
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