«Come stai? Sono Francesco, ti disturbo?». Il Papa che ti telefona sul cellulare, a bruciapelo, in qualsiasi momento del giorno e ti chiede se è un buon momento. Ecco, se dovessi raccontare a qualcuno qual è la cosa più travolgente e allo stesso tempo assurda che mi sia capitata nella vita, racconterei certamente la storia che si cela dietro Life, il libro che ho scritto con il Papa in cui racconta per la prima volta la sua vita attraverso gli eventi che hanno segnato l'umanità. Ci sono stati diversi incontri in Vaticano, numerosi scambi di e-mail, ma soprattutto chiamate improvvise, decine di telefonate che nell'ultimo anno ho ricevuto sul cellulare da parte del Vicario di Gesù Cristo in terra. Soltanto a scriverlo tremano le dita. Ovviamente telefonate di lavoro, finalizzate alla stesura del volume, ma ogni volta con una «carezza», piccole attenzioni verso la mia persona, i miei affetti, il mio mondo.
«Sei al mare? Non bruciarti, mi raccomando...», mi ha detto ad esempio scherzando la scorsa estate, durante una chiamata nel mese di luglio mentre mi trovavo in spiaggia. «Hai un po' di tempo per lavorare?». «Certo Papa Francesco, scherza?». «Ok, lavoriamo, ma mettiti sotto l'ombrellone!», la sua risposta. Il problema è che se il Pontefice vuole aggiungere dei particolari al libro o ti comunica delle modifiche da effettuare, devi prendere nota in qualche modo (soprattutto se si tratta di tante cose) e non sempre hai una penna o un quaderno a portata di mano. A maggior ragione se ti trovi sulla battigia! Momenti davvero indimenticabili che rimangono impressi e che ti portano a fare una riflessione sullo stile di questo Papa. Un giorno, durante uno dei nostri incontri a Santa Marta per la stesura del volume, mi sono quindi sentito di dirgli: «Ma lei sa che tanti dicono che sta distruggendo il papato a causa dei suoi gesti? Perché sostengono, secondo la loro formazione, che lei dovrebbe stare a un livello più alto rispetto alla gente». Francesco è rimasto in silenzio per alcuni secondi, poi mi ha guardato e mi ha risposto: «Se dovessi andar dietro a tutte le cose che scrivono e dicono su di me, avrei bisogno di uno psicologo una volta alla settimana! Ma io non posso farci nulla, la mia vocazione è quella di prete, sono un prete e devo stare in mezzo alla gente!». Poi mi ha guardato e mi ha interrogato: «Gesù stava in alto o in mezzo ai poveri? Ecco, ti sei risposto da solo».
Il primo incontro per realizzare Life è stato nel mese di maggio del 2023, dopo che avevamo già fatto un lungo lavoro preliminare via e-mail. La sorpresa più grande è stata scoprire che il Papa mi avrebbe ricevuto nel suo appartamento. Ovviamente, dovendo affrontare delle lunghe sessioni di colloqui, certamente quello era per lui il luogo più comodo dove poter parlare. Di questi incontri ce ne sono stati quattro, due in primavera/estate e due in autunno/primi mesi d'inverno, ognuno di diverse ore, durante i quali, oltre a lavorare, il Pontefice è riuscito a farmi sentire a casa, andando anche «oltre il lavoro»: «Ma sei arrivato presto oggi, hai mangiato? Prendi qualche biscotto e del succo di frutta!». Un'altra volta: «Ci sono delle empanadas argentine sul tavolo, provale...».
Un'altra volta ancora mi presentò dei cioccolatini che gli avevano portato dal Brasile: «Questi arrivano dall'Amazzonia... perché non ne provi uno?», mi disse con un velo di ironia sul volto, quasi a volermi sfidare a mangiare dei dolci. Il ricordo più curioso, però, è stato quando, dopo avermi raccontato della sua elezione, mi ha detto: «Adesso vieni con me, ti mostro la stanza dove dormivo durante il conclave...». In effetti ero molto emozionato. «Eccola qui, una stanzetta piccola e non sapevo ancora quello che mi sarebbe successo dopo... E forse qualcuno oggi sarebbe stato meglio di salute!», ha aggiunto sull'uscio, ancora una volta ridendoci su e mostrandomi quella cameretta con letto, comodino e scrivania. Momenti indimenticabili, ma non posso definirmi certamente un amico di Papa Francesco: il concetto di amicizia, a mio parere, è qualcosa di diverso e molto profondo. Posso dire di essere una persona, un giornalista, che ha l'onore e la «grazia» di conoscere molto da vicino il Pontefice. La prima volta è successo durante la pandemia, nel gennaio del 2021. Gli avevo chiesto un'intervista per Mediaset, per parlare agli italiani e dare una carica di fiducia in quel momento terribile che stavamo vivendo. Anche in quel caso, mi spiazzò totalmente con una telefonata poco prima di cena: «Buonasera, sono Papa Francesco, sono disponibile a darti l'intervista».
Una chiamata senza filtri, senza troppi giri di parole, deciso a raccontare com'era iniziato il suo 2021 e com'era stato l'anno appena trascorso. E quella volta avevamo registrato un lungo colloquio, di oltre 40 minuti per il Tg5. Impossibile dimenticare quella «prima volta»: un sorriso e un caloroso benvenuto, sotto braccio il suo ultimo libro, il Messaggio della Pace, una coroncina del rosario: i suoi regali per questo incontro speciale. «Grazie Santo Padre - dico - per aver accettato di fare questa intervista», «No», risponde in modo scherzoso, «grazie a te che ti sei disturbato a venire fin qui...». E, dopo essersi seduto in poltrona e qualche scambio sulle domande a cui aveva deciso di rispondere, iniziammo l'intervista. Da quel giorno per me è cambiato davvero tutto. Da un punto di vista professionale, certo, ma anche personale.
La cosa più bella che ho visto nei nostri incontri? La serenità sul suo volto. La serenità di un uomo che sa che, nonostante gli attacchi, le strumentalizzazione e le manovre di corte, ci sarà sempre la speranza di poter cambiare quei cuori che non hanno più amore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.