Cosa c'è (davvero) dietro Musk a Roma, giornali impazziti e Pirelli: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: i commenti alla riforma della giustizia, l'addio di Myrta Merlino e la visita di Elon Musk a Roma

Cosa c'è (davvero) dietro Musk a Roma, giornali impazziti e Pirelli: quindi, oggi...
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- State a sentire cosa dice Antonio Decaro, sindaco di Bari, uno del Pd ma con la testa a posto. Sull’abuso d’ufficio, lui che è presidente dell’Anci, non ha molti dubbi: quel reato era un problema per i primi cittadini. Come risolverlo? Lui non è un tecnico, ma Nordio sì. E di certo eliminarlo cancella alla radice il problema. Dunque, lui magari non può dirlo ma il senso è quello: bravo, ministro.

- Repubblica si straccia le vesti per la riforma della giustizia firmata Nordio. Sintetizzo: sta facendo avverare tutti i sogni del cavaliere, dall’abolizione di reati alla limitazione delle intercettazioni, passando per l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione. La cosa li fa impazzire. Ma da tempo chi scrive sostiene che solo nel post-berlusconi saremmo riusciti ad approvare le riforme sognate dal Cavaliere perché sarebbe venuta a mancare quella opposizione ideologica e per partito preso che ha caratterizzato il ventennio scorso. Come possono Repubblica e Pd etichettare certe riforme con il marchio del “conflitto di interessi” o delle “leggi ad personam” se è ormai venuto a mancare il simbolo di quel periodo? È un po’ come l’abolizione dell’articolo 18: la destra non sarebbe mai riuscita a farcela, Renzi - che dalla sinistra veniva - invece sì.

- Sapete perché i giornalisti impazziscono all'idea di una riforma della giustizia che limiti la pubblicazione delle intercettazioni e cancelli l'abuso d'ufficio? Facile: perché non sanno più di che campare. L'abuso d'ufficio viene normalmente contestato agli amministratori pubblici, cioè ai politici: quindi fa notizia, anche se poi non condannano nessuno. E le intercettazioni allo stesso modo interessano solo quando di mezzo c'è l'esponente di qualche partito. Sintesi: se togli l'uno e l'altro, svuoti i tavoli dei redattori di giudiziaria che non troveranno più le notizie belle impacchettate nei fascicoli dei pm.

- Pare che l’Ue sia pronta a rivedere in parte il Mes, quel fondo intergovernativo che l’Italia e questo governo non vorrebbero approvare. Bene. Se così fosse, si tratterebbe di una vittoria della Meloni che al momento non ha abbassato la guardia su quello che è sempre stato il suo cavallo di battaglia. Però ovviamente Rep la legge al contrario, parlando di un’Ue che intende togliere ogni alibi a Roma. Ma, scusate: fino all’altro ieri non dicevate che prima o poi Bruxelles avrebbe costretto con le cattive la Meloni a firmare?

- Sempre il quotidiano che fu di Scalfari, ultimamente in difficoltà nel comprendere il sentimento della gente, continua la sua campagna in favore della maternità surrogata. E non lo fa in Canada o negli Usa, ma proprio in Ucraina, lì dove lo sfruttamento è più facile. In foto Olga, che ha ricevuto 14mila euro per partorire un neonato. E poi dicono che non è un business.

- Fa orrore anche il lessico utilizzato. State a sentire: “Ci sono voluti mesi perché (i bimbi) venissero tutti consegnati alle famiglie che li avevano richiesti”. Consegnati. Amazon o DHL?

- Myrta Merlino lascia L'Aria che tira e voi vi chiederete cosa ce ne possa interessare. Nulla. Ma fa notizia e muove un po' le pedine dell'informazione tv. Che non conterà come un tempo, ma ancora un po' sì.

- Sulla visita di Musk a Roma si è detto tutto e il contrario di tutto. Ho letto ricostruzioni meravigliose, complotti interplanetari, robe fantasiose. Cosa c'è davvero dietro la visita italiana? Nulla. O meglio: nulla di straordinario. La cosa increbile invece è che tutto è molto più semplice di quanto uno possa aspettarsi: un informatico conosce Elon Musk avendo smanettato un po' su Twitter, Nicola Porro conosce questo informatico, quindi i due hanno organizzato la visitina di Musk a Roma con inclusa intervista per Quarta Repubblica. Sintesi un po' brutale di uno scoop.

- Il governo usa il golden power su Pirelli dopo le notizie dei giorni scorsi. Ve la banalizzo: l'ingresso dei cinesi nell'azienda prevedeva dopo alcuni anni l'incremento del peso del socio cinese e ora siamo arrivati a quel punto. Sui giornali esce la notizia che i nuovi padroni vorrebbero applicare all'azienda italiana metodi e principi indicati dal congresso del Partito comunista cinese: molti storcono il naso, qualcuno perde il posto (l'autore dello scoop) e alla fine il governo opta per il golden power.

La scusa è che negli pneumatici vengono impiantati dei chip che raccolgono dati sulle auto e le infrastrutture statali, quindi roba che non può finire in mano a Pechino. Una mossa attesa, forse poco liberale (questi la Pirelli l'hanno comprata legittimamente), ma con la Cina non si scherza.

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