Non è un Paese per neonati. I dati sulle culle mai così vuote, purtroppo, parlano da sé: in Italia la natalità è crollata ai minimi storici. Per la prima volta in 160 anni, negli ultimi mesi i bambini venuti alla luce nella Penisola sono stati meno di 400mila. Per la precisione, 393mila: in pratica, meno di 7 neonati ogni mille abitanti. Il numero più basso dall'Unità d'Italia. Dal 2008, ultimo anno in cui si registrò un aumento, il calo è stato di circa 184mila unità, di cui circa 27mila concentrate dal 2019 in poi. Nel frattempo sono aumentati i decessi ed è cresciuto il numero di stranieri nel nostro Paese. A descrivere la poco incoraggiante situazione sono gli esiti delle rilevazioni Istat relative al 2022, oggi divulgati.
Culle vuote in Italia
Secondo quanto attestato dall'istituto di statistica, la preoccupante diminuzione della nascite è dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. Piuttosto, tra le cause del fenomeno, pesano molto sia il calo dimensionale sia il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive, ovvero dai 15 ai 49 anni. L'età media al parto è leggermente superiore nel nord e nel centro (32,6 anni e 32,9) rispetto al Mezzogiorno (32,1). Ed è il Trentino Alto Adige a essere la regione con la fecondità più alta, con un valore pari a 1,51 figli. Seguono Sicilia e Campania, ma con valori molto più bassi: rispettivamente 1,35 e 1,33. Regioni con fecondità decisamente contenuta sono il Molise e la Basilicata, con un valore di 1,09 figli per donna, ma su tutte spicca la Sardegna che, con un valore pari a 0,95, è per il terzo anno consecutivo l’unica regione con una fecondità al di sotto dell'unità.
Aumentano i decessi (ma anche gli ultracentenari)
Nel 2022 i decessi in Italia sono stati 713mila, con un tasso di mortalità pari al 12,1%. Il dato è stato purtroppo in rialzo rispetto all'anno precendente (+12mila unità), ma inferiore di 27mila rispetto al 2020, anno di massima mortalità a causa della pandemia. L'Istat ha rilevato che il numero maggiore dei decessi si è registrato nei mesi più freddi, gennaio e dicembre, e in quelli più caldi, luglio e agosto. In questi soli quattro mesi si sono osservati 265mila decessi, quasi il 40% del totale. In compenso, in 20 anni è triplicato il numero degli ultracentenari in Italia, che al primo gennaio del 2023 erano 22mila. Alla nascita, la speranza di vita nel nostro Paese è di 82,6 anni ed è in crescita per gli uomini mentre è stabile per le donne.
Crescono gli stranieri
Altro fenomeno degno d'attenzione, il calo dei residenti e l'aumento degli stranieri. La popolazione di cittadinanza straniera presente nel nostro Pese, al 1° gennaio 2023, era di 5 milioni e 50mila unità: dato in aumento di 20mila individui (+3,9%) sull'anno precedente. È invece diminuita la popolazione residente, che tocca i 58 milioni e 851mila unità: 79mila in meno sull'anno precedente (- 3%). Prosegue pertanto la tendenza alla diminuzione, ma con un'intensità minore rispetto sia al 2021 (-3,5%), sia soprattutto al 2020 (-6,7%), anni durante i quali gli effetti della pandemia avevano accelerato un processo iniziato già nel 2014.
La necessaria attenzione politica
Il saldo finale, manco a dirlo è al ribasso, e colpisce soprattutto per quei dati sulle culle vuote. La nota politica è pressoché intuitiva: quello di cui ha bisogno questo Paese sono innanitutto politiche a favore della famiglia e della maternità.
E, fortunatamente, nei mesi scorsi il ministro per la famiglia Eugenia Roccella aveva dato segnali apprezzabili in tal senso, dopo che in passato esecutivi di segno opposto avevano pressoché ignorato l'argomento. Il tema - aveva assicurato - "per il governo è una priorità assoluta", auspicando per l'Italia "un ambiente favorevole alla maternità".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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