Iscriversi a scuola è un’odissea, ottenere i rimborsi delle spese mediche anche. È un problema trovare un lavoro e lo è perfino salire su un mezzo pubblico o andare al cinema. Sì, perché ci sono ancora le stesse barriere architettoniche di 20 anni fa. I disabili italiani – 3 milioni di persone – convivono ancora con troppi intoppi sociali.
D’accordo celebrare la giornata mondiale per la disabilità ma ogni anno sembra si ripeta lo stesso menù: programmi, intenzioni ma, di fatto, una quotidianità fatta di disservizi e di non-diritti. Il paradosso è ancora più amaro: a livello normativo esistono leggi nei vari ambiti, educativo, lavorativo, sanitario, sociosanitario. Sono anche leggi ben strutturate ma spesso rimangono sulla carta. E lì non portano benefici a nessuno.
La diagnosi
Le prime difficoltà nell’affrontare la disabilità si incontrano con la diagnosi, che spesso viene formulata con ritardi enormi (e quindi con danni irrecuperabili). L’accesso ai centri specializzati non è né immediato né aiutato e soprattutto il servizio non è uniforme in tutta Italia. Le famiglie molto spesso vengono lasciate sole nel post diagnosi e non viene garantito il supporto psicologico in un momento estremamente duro. In sintesi: le mamme e i papà dei bambini disabili trovano la forza per affrontare tutto in se stessi. Se sono fortunati, nei volontari del terzo settore.
Scuola e lavoro
Le scuole non possono rifiutare esplicitamente l’iscrizione di un alunno disabile o autistico ma molto spesso si giustificano dicendo che non hanno posti, soldi, insegnanti. E per le famiglie inizia una via crucis tra presidenze per ottenere un sì.
Numerosi i problemi anche per l’inserimento lavorativo: la legge c’è e dal 1999 favorisce l’inserimento delle persone con disabilità nel mondo del lavoro ma molti datori di lavoro (pubblici e privati) nicchiano. Secondo i dati Istat, solo il 32,5% delle persone con disabilità in età lavorativa ha un’occupazione, contro una media del 58,9% della popolazione.
La legge ‘Dopo di noi’
La legge Dopo di Noi, che punta a dare un futuro ai ragazzi con gravi disabilità neurologiche quando i loro genitori non potranno più occuparsi di loro, non è ancora applicata nella sua interezza. E soprattutto non lo è allo stesso modo in tutta Italia. Non tutte le risorse messe a disposizione dello Stato sono state utilizzate, tanto che due anni fa la Corte dei Conti è intervenuta per sollecitare le autorità pubbliche, nazionali e locali, a sfruttare meglio i finanziamenti. Dei circa 466 milioni di euro stanziati tra il 2016 e il 2022 per l’autonomia e l’inclusione delle persone con disabilità grave e senza sostegno famigliare, soltanto 240 sono stati effettivamente trasferiti alle Regioni, che non hanno provveduto a rendicontare l’effettiva attribuzione delle risorse ai destinatari. Solamente sei Regioni risultano aver ricevuto tutte le somme complessivamente assegnate. In tanti casi mancano i progetti, come se non ce ne fosse bisogno.
La riforma della disabilità
Dall’inizio di gennaio comincia la sperimentazione della riforma della disabilità: l’obbiettivo è semplificare le pratiche per l’accertamento della disabilità e per l’invalidità civile. Comincia una nuova modalità di procedimento, con l’invio del certificato medico introduttivo all’INPS. Si inizia con la sperimentazione in 9 province italiane (Brescia, Trieste, Forlì-Cesena, Firenze, Perugia, Frosinone, Salerno, Catanzaro e Sassari) e dal 2026 la riforma verrà estesa a tutta Italia.
I cargiver
A breve il governo presenterà una nuova proposta sui cargiver, i familiari che assistono una persona disabile. A spiegarlo è lo stesso ministro per le disabilità Alessandra Locatelli: «Nessuno può chiamarsi fuori dal tema dell’inclusione e del rispetto dei diritti delle Persone con disabilità, perchè riguarda tutti e tocca la vita di tantissime famiglie che vanno adeguatamente sostenute. Penso, in particolare, ai caregiver familiari conviventi, persone che amano e curano i propri cari, che non desiderano essere sostituite ma accompagnate in questo complesso e delicato compito». «A breve verrà presentata una proposta che partirà dal caregiver familiare convivente, e prevalente, per garantire tutele differenziate e specifiche a tutti i caregiver familiari». «In gioco ci sono tanti aspetti – spiega il ministro - tra cui la condizione economica perchè come è noto, a parità di reddito, una famiglia al cui interno c’è una persona con disabilità è più povera. Sono convinta serva un ripensamento dei servizi per coinvolgere e considerare anche le esigenze della famiglia.
Questo significa attivare percorsi innovativi e flessibili nella prospettiva del “Progetto di vita”, cuore della riforma sulla disabilità che stiamo attuando e che pone finalmente la persona al centro delle politiche e dei sostegni, a partire dai suoi bisogni e dal suo diritto di scegliere, come prevede la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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