Non uno di meno

Quest'anno il collettivo femminista "Non una di meno", di fatto il movimento delle sardine ma con i capelli viola, ha deciso di indire per l'8 marzo uno sciopero "dal lavoro produttivo e riproduttivo"

Non uno di meno
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La giornata della donna, che si festeggia l'8 marzo, si avvicina. E per quanto la cosa interessi solo le femministe e i venditori di mimose mentre le donne più o meno se ne fregano - è comunque un appuntamento da seguire con attenzione perché ultimamente ha risvolti politici curiosi.

Ad esempio. Quest'anno il collettivo femminista «Non una di meno», di fatto il movimento delle sardine ma con i capelli viola, ha deciso di indire per l'8 marzo uno sciopero «dal lavoro produttivo e riproduttivo».

Ora. Capiamo il «produttivo»: se è sciopero, quel giorno

non si lavora. Non faranno il sugo, va bene. Ma colpisce lo sciopero «riproduttivo». Essendo non solo «contro la guerra» e naturalmente «contro il fascismo che sta dilagando», ma anche contro «il governo ultra-reazionario», significa che per un giorno non faranno sesso per protestare contro la Meloni. Che è una donna. E magari, non avendo niente da fare, troveranno il tempo per azzardare una parola sulle violenze sulle donne in Iran e Afghanistan.

Però è strano. Piazze piene e letti vuoti, le ragazze di «Non una di meno», che come house organ hanno il manifesto,

quotidiano iperfemminista diretto da un uomo, dopo un decennio di governi tecno-progressisti (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Draghi e Conte) all'improvviso hanno scoperto una

parola nuova. Patriarcato. Ma continuano a parlare come la ragazza hippy di Un sacco bello di Verdone. Per loro chiunque «'a faccia der fascio ce l'ha». E tutti gli uomini sono colpevoli. Non uno di più, non uno di meno.

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