
Gentile Direttore,
il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro è stato condannato in primo grado a otto mesi di reclusione dal tribunale di Roma per rivelazione di segreto d'ufficio in relazione al caso dell'anarchico Alfredo Cospito. La vicenda
è nota. Quello che desidero da lei sapere è se Delmastro a suo giudizio debba dimettersi. A proposito di Daniela Santanchè lei ha sostenuto che, non essendoci ancora una sentenza, il ministro deve restare al suo posto, perché da considerarsi innocente. Ma qui una sentenza c'è. E allora?
Cosa facciamo? Cosa è giusto fare almeno?
Valerio Gattuso
Caro Valerio,
sono assolutamente convinto che il sottosegretario Delmastro non si debba dimettere, in quanto le sue dimissioni inaugurerebbero una pericolosa prassi: quella del cedimento vigliacco del governo ad una magistratura che sempre più sfacciatamente mostra di volere colpire l'esecutivo per ragioni puramente ideologiche e politiche e anche, a mio avviso, per antipatie epidermiche che non dovrebbero entrare nelle aule di giustizia. Questa sentenza di condanna è a tutti gli effetti una sentenza di carattere politico. La pubblica accusa, ossia la Procura, aveva chiesto l'assoluzione per ben tre volte, poiché il reato non sussiste, ma i giudici, con un accanimento che impressiona, hanno con determinazione riconosciuto quale reo Delmastro, infliggendogli una pena di otto mesi di reclusione, quantunque sospesa, con l'applicazione dell'interdizione di un anno dai pubblici uffici. Insomma, lo si voleva colpevole ad ogni costo.
Quindi, non soltanto Delmastro può restare seduto al suo posto, ma egli deve farlo, come prova di resistenza contro un potere che è tracimato al di là dei propri netti confini, fissati dalla Costituzione. Comprendo perfettamente lo sconcerto della premier Giorgia Meloni davanti ad un atto come questo, che non è che l'ennesimo attacco che la magistratura, o almeno una sua parte, sferra contro un governo che incontra il favore e il sostegno del popolo, il quale ha eletto questa maggioranza, a cui di conseguenza sono state affidate le redini del Paese.
Per quanto riguarda il paragone che tu compi con la vicenda Santanchè, nel caso di Delmastro abbiamo sì una sentenza, ma non una sentenza passata in giudicato, insomma non abbiamo esperito tutte le vie di ricorso e non si tratta di un terzo grado di giudizio, cioè non si tratta di un giudizio definitivo. È con quest'ultimo che l'imputato può essere ritenuto colpevole, prima di questo egli deve essere considerato innocente, pure ove intervenga un giudizio di primo grado. Per Santanchè, invece,
ella è rinviata a giudizio e il rito è dunque in corso. Nemmeno è intervenuta una sentenza. Nell'uno e nell'altro caso parliamo di due soggetti non colpevoli che non hanno motivo di rassegnare le dimissioni né di essere allontanati.
Continuo a confidare nella Giustizia, quella vera, non quella che vuole per forza la testa di un avversario politico della sinistra, quella che fa valere i principi del diritto e non le questioni ideologiche, quella che applica la legge e non l'opportunismo, quella che non usa l'iscrizione nel
registro degli indagati, il processo e altri strumenti giudiziari alla stregua di armi per fare fuori, silenziare, estromettere, stroncare personaggi politici la cui unica autentica colpa è quella di non essere di sinistra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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