La farsa delle Feste e il dramma dei poveri

Mi ritrovo ad attendere che le festività terminino e che la quotidianità ricominci a scorrere normalmente, con i suoi ritmi, quantunque incalzanti e stressanti

La farsa delle Feste e il dramma dei poveri
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Gentile Direttore Feltri,
forse soltanto lei, che è un lavoratore accanito, può comprendere la mia insofferenza nei confronti delle feste che si protraggono per giorni e giorni. Bar e negozi chiusi, inaccessibili sono persino i supermercati, vuote le strade, sbarrate le edicole, altro che feste, sembra di essere in lutto. C'è un mortorio in giro che non fa altro che acuire noia, tristezza, solitudine e desolazione.
Non penso di essere l'unico ad averne abbastanza.
Riesce almeno lei a mostrarmi il bicchiere mezzo pieno?

Marco Spinelli

Caro Marco,
eccome se ti comprendo. Poche cose temo quanto temo questo periodo dell'anno. I preparativi e la fase antecedente non sono neppure male, quel clima elettrizzato ed elettrizzante, le luci, la frenesia, la corsa agli acquisti, l'attesa... Tutto questo non mi dispiace, peccato che da questi picchi di serotonina si giunga poi in un baleno alla stasi, alla pigrizia e al silenzio che segue i banchetti natalizi. Ci si ritrova in casa, appanciati, satolli di tutto, non soltanto di cibo, magari con parenti indesiderati tra i piedi, che ci assillano con le loro domande indiscrete. Abbiamo fatto il pieno pure di congiunti, auguri, messaggi, saluti e ci ritroviamo tra le quattro mura a girarci i pollici e a bramare la fine delle feste e il ritorno alla normalità esattamente come abbiamo bramato le feste medesime. Forse perché non ci va mai bene nulla, su, ammettiamolo.

Fatto sta che ti capisco perché anche io prediligo i giorni in cui mi reco in redazione a quelli in cui persino la redazione è chiusa, per non parlare di bar, locali, ristoranti, negozi, uffici di ogni tipo. Le giornate più tediose sono proprio quelle a cavallo tra anno vecchio e anno nuovo. Del resto, pare che la depressione aumenti in questo periodo, così come l'ansia, e le emozioni negative lievitano fino alle stelle, tanto che gli esperti parlano anche di «depressione natalizia», forse dovuta tra le altre cose alla circostanza che percepiamo come un obbligo che grava anche su di noi di essere a tutti i costi felici, in quanto lo impone il calendario. Quando non ci sentiamo in sintonia con tale spirito natalizio, gaio e lieto, sorridente e giocoso, generoso e ottimista, ecco che inevitabilmente si crea questa dissonanza in noi tra ciò che la festa prescrive e il nostro stato d'animo del momento. C'è chi cerca di consolarsi dandosi ai piaceri in maniera smodata, cedendo in particolare al peccato della gola e mettendo su diversi chilogrammi nel giro di una o due settimane. Lo farei anche con piacere, se non fosse che non sono mai stato un goloso. Sono un uomo che mangia per vivere e che non vive per mangiare. Dunque, non c'è salvezza per me. Mi ritrovo ad attendere che le festività terminino e che la quotidianità ricominci a scorrere normalmente, con i suoi ritmi, quantunque incalzanti e stressanti.

Però, caro Marco, ricordiamo sempre cosa veramente è insopportabile e opprimente. Tragiche sono state le feste di quella anziana signora senzatetto che a Roma, il giorno della vigilia di Natale, è stata trovata morta nel cuore della notte sulle scale di una chiesa non lontana dalla basilica di San Pietro. Probabilmente la signora è deceduta per ipotermia, oltre che sola come un cane. E non è l'unico clochard trapassato in questi giorni a causa delle basse temperature. Sai, Marco, la verità è che non ci uccideranno le abbuffate, la noia, i parenti, i regali riciclati, le tombolate tediose, le visite inopportune. Sappiamo che ad un certo punto avranno fine.

Ad uccidere semmai sono solitudine, miseria, fame, disperazione, ingiustizia, bisogno.

Un'ottima strategia quindi per superare queste giornate barbose consiste nel coltivare, anziché l'indole alla lagna, la consapevolezza di quanto siamo sfacciatamente fortunati.

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