Hanno venduto l'anima alle ideologie del potere

Le organizzazioni sono sempre più integrate con il sistema che ci comanda. E viceversa

Hanno venduto l'anima alle ideologie del potere

Quando a metà Ottocento Alexis de Tocqueville visitò il Nuovo Mondo, quello che più lo colpì fu il constatare come la società americana fosse caratterizzata da un'intensa vita associativa e come in quel contesto la libertà individuale fosse in larga misura protetta proprio da questa società forte, strutturata, capace di bastare da sé e non dover costantemente fare appello ai pubblici poteri. Osservò come lo stesso ordine politico fosse caratterizzato da quello che oggi chiameremmo il «principio di sussidiarietà»: sia in senso verticale (grazie al federalismo), sia in senso orizzontale.

Non soltanto, insomma, Tocqueville rimarcò che «senza istituzioni locali, una nazione può fondare un governo libero, ma non può possedere uno spirito di libertà» (e il messaggio qui era rivolto soprattutto ai suoi concittadini francesi, dominati da logiche giacobine, avverse a ogni ipotesi di autogoverno), ma anche che un vero civismo si afferma grazie alla capacità di essere attivi in realtà emerse dal basso: su base religiosa, culturale, umanitaria e di altro tipo. Le associazioni e le comunità svolgevano quindi una funzione cruciale nel conferire alle istituzioni democratiche del Nord America quei tratti peculiari.

Sotto certi aspetti, le ong (organizzazioni non governative) sono o dovrebbero essere la riattualizzazione di tutto ciò; e però è bene non esser ingenui dinanzi a un fenomeno che è assai intrecciato con le istituzioni del nostro tempo e viziato da molti dei tratti dell'assetto del potere contemporaneo. Sul piano formale, le ong non sono apparati di Stato: certamente. Sono fondazioni, associazioni o altro, ma in ogni caso si gestiscono autonomamente. Questo non significa, però, che vivano in primo luogo e sempre delle risorse che raccolgono grazie a donazioni liberali e quote associative. Come anche talune recenti vicende hanno evidenziato, le ong più importanti sono in grado di ottenere una forte attenzione da parte delle istituzioni di governo e di conseguenza ricevono cospicui aiuti statali. Esse non finanziano le proprie attività soltanto con i soldi che ottengono dai cittadini, ma anche con le risorse che ognuno di noi deve destinare allo Stato in virtù dell'imposizione fiscale. Non è un dettaglio da poco. Al contrario, questo aspetto permette di cogliere come il potere, oggi, viva non solo e soltanto in ragione delle istituzioni governative (pur tanto importanti), ma anche appoggiandosi su tutta una serie di agenzie assai vicine ai luoghi delle decisioni politiche.

In linea di massima, le istituzioni di stampo ottocentesco erano confinate nei palazzi del potere pubblico e di conseguenza vi erano spazi esterni a esso (la cosiddetta «società civile») che almeno in parte potevano sfuggire al controllo dei governanti. Oggi il potere ha cambiato pelle e una delle principali trasformazioni che ha permesso tutto ciò è da rinvenire nel fatto che il potere s'è esteso su ogni aspetto della nostra vita. Spesso si evidenzia che scuola, università, sanità, previdenza e altro sono sostanzialmente monopolizzati dallo Stato, ma oltre a ciò è importante rilevare che anche le realtà formalmente libere e private sono sempre più integrate nelle logiche pubbliche.

Le ong sono una delle manifestazioni più evidenti di tutto ciò; e di conseguenza abbiamo ong di altra natura (diverse e più credibili) solo quando, ma sono casi davvero rari, esse decidono di alzare un muro tra loro e il soldo pubblico, tra loro e i meccanismi della regolazione sociale monopolizzati dai governanti. Non è facile resistere dinanzi alle sirene dei sovrani di turno, che cercano di convocare tutti noi a corte, che offrono aiuti e sinecure, che distribuiscono onorificenze e posizioni di prestigio.

D'altra parte, la Commissione europea elargisce bonifici a molte ong attive nei settori dell'eguaglianza di genere e dell'inclusione sociale (Fse+), della cooperazione allo sviluppo (Intpa), della cultura e dei media (Europa creativa), della promozione della cittadinanza e della partecipazione civica (Cerv), ecc. Un elenco esaustivo sarebbe più lungo, ma qui preme soltanto dare un'idea di come il ceto politico-burocratico oggi non soltanto sia in rapporto costante con questo mondo, ma utilizzi i meccanismi redistributivi per favorire il delinearsi di inedite dislocazioni del potere.

Nell'ambito dell'economia e della finanza, l'espansione dello Stato ha permesso agli uomini politici d'interferire sempre di più con le scelte delle imprese, e viceversa. Di conseguenza non è mai facile dire se i soggetti privati si muovano in sintonia con gli apparati statali perché timorosi di sanzioni e punizioni, oppure se non sia l'opposto, dato che in varie circostanze si assiste alla «cattura del regolatore» (al fatto che politici e burocrati diventano semplici pedine nelle mani di pochi «oligarchi»). La stessa relazione s'è sviluppata nel rapporto tra le ong (in teoria espressione della società civile) e gli apparati del potere pubblico, che formalmente dovrebbero trattare ognuno di noi allo stesso modo, sulla base del principio di legalità.

Alcune organizzazioni non governative godono di un prestigio e di una fama tali da poter incidere in modo significativo sugli apparati chiamati a governare, da un lato, e a legiferare, dall'altro; e in tal modo ottengono prebende e privilegi. Per giunta, non si può in alcun modo tacere in merito al fatto che la stragrande maggioranza delle ong opera all'interno di un quadro valoriale che è riconducibile alle parole d'ordine del politicamente corretto: il che fa sì che esse siano (riutilizzando una formula di Louis Althusser) nient'altro che «apparati ideologici di Stato». Il filosofo francese leggeva tutto ciò con le lenti della sua prospettiva marxista, ma il termine-concetto che egli utilizza può avere una sua pregnanza anche al di fuori di quelle categorie economiciste. Sempre avendo presente, a ogni modo, che oggi il potere dell'uomo sull'uomo non è più necessariamente confinato nelle istituzioni di diritto pubblico, dato che un dominio a vocazione totalitaria tende a compenetrarsi con l'intera realtà sociale.

Se l'orizzonte «valoriale» delle ong quasi coincide con le ideologie su cui poggiano i poteri pubblico-privati dell'età contemporanea (dall'ambientalismo alla gender theory, dalla celebrazione della legalità alla realizzazione di una società sempre più trasparente, fino all'emergenzialismo climatico), è ragionevole constatare che in loro permane ben poco di quello spirito libertario che Tocqueville aveva rinvenuto nell'America di due secoli fa. Servono la causa di chi comanda.

D'altra parte, per tornare a proteggere la società civile tali realtà non soltanto avrebbero bisogno di rinunciare ai benefici della redistribuzione pubblica, ma dovrebbero saper contestare l'esistente, e non già continuare a chiedere a chi dispone di noi di allargare il suo controllo e ridimensionare ancor più le nostre libertà.

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