Due piazze contrapposte. Valori, principi, obiettivi: saranno due «Italie» sideralmente lontane quelle che domani manifesteranno sulla guerra in Medio oriente. A Milano la Lega chiamerà a raccolta una piazza che dice «no al terrorismo» e difende «l'Occidente e le sue libertà». A Roma, contemporaneamente, sfilerà l'Italia che è contro la Nato, che vede nell'Occidente l'origine di ogni male e che è contro Israele e odia lo Stato ebraico, anche se viene raccontata, e si proclama delicatamente, «per la Palestina». E sarà, idealmente, un «sequel» dei cortei dei fine settimana scorsi, la manifestazione «nazionale» che partirà alle 14 da piazza Vittorio per concludersi a San Giovanni. In piazza si vedranno di nuovo palestinesi, musulmani, e gruppi dell'estrema sinistra, da Rifondazione comunista ai centri sociali. Sarà un seguito del corteo visto sabato scorso - nel corso del quale una bandiera israeliana è stata deposta dalla sede Fao - e di quello di Milano del sabato precedente, quando un nutrito gruppo ha scandito insistentemente cori antisemiti («Aprite i confini, uccidiamo gli ebrei.») alternati al grido islamista «Allah akbar».
La linea la dà una vecchia conoscenza del «parolaismo» estremista, quel Giorgio Cremaschi che già il 9 ottobre, a due giorni dai massacri di Hamas, sentenziava che «il regime israeliano è sempre dalla parte del torto». E anche stavolta l'ex sindacalista Fiom non è da meno. Parla di «Usa Nato, Ue e governo italiano sporchi di sangue», di «stampa italiana che sguazza sulla strage di bambini», di «razzismo occidentalista» e di altre assurdità, proclamando appunto la manifestazione di Roma come il «seguito naturale di quella meravigliosa del 28 ottobre». Ci sarà «Unione popolare» (il cartello di «Potere al popolo», Rifondazione comunista e Luigi De Magistris) che farneticando preannuncia «supporto alla lotta di un popolo contro l'apartheid e il genocidio che sta compiendo Israele» e chiama all'«opposizione reale a questo governo». Aderiscono poi una miriade di sigle sindacali e studentesche, buone per ogni «lotta». Tutt'altra «piazza» riempirà, alle 15, largo Cairoli, rispondendo alla chiamata della Lega di Matteo Salvini, solidamente - da anni - al fianco di Israele. Sul palco di «non ci saranno simboli di partito» ha premesso il Carroccio, che però sarà presente al gran completo. Con il segretario ci sarà probabilmente il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, e sicuramente parteciperanno i ministri delle Riforme, della Scuola e della Famiglia, Roberto Calderoli, Giuseppe Valditara e Alessandra Locatelli, e poi il presidente della Regione Attilio Fontana - storico amico di Israele e della comunità ebraica - e i colleghi governatori, i parlamentari e i consiglieri regionali. «Non sarà una manifestazione politica, di partito - ricorda il coordinatore lombardo Fabrizio Cecchetti - ma una grande manifestazione di popolo per dire no a ogni tipo di terrorismo e in difesa dell'Occidente, delle nostre libertà, dei nostri valori e dei diritti delle donne». Sarà una «piazza aperta» assicura, e lo stesso Salvini usa toni soft, evita quelli da «scontro di civiltà» e parla di pace, rilanciando la formula «due popoli e due stati».
La tensione però resta alta. Ieri a Milano (foto) sono comparse delle minacce contro Salvini, che ha ricevuto numerosi attestati di solidarietà. Sulle scritte, in piazza Libia, indaga la Digos.
E qualche preoccupazione desta la contromanifestazione (per «la Pace, l'Antifascismo e la Palestina») prevista sempre sabato, in piazzale Oberdan (Porta Venezia). Ieri intanto uno striscione «Stop war, stop racism, cease fire now» è stato srotolato alla sede milanese del ministero dei Trasporti, in polemica proprio con il sit-in leghista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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