
Direttore Feltri,
le signore dei detenuti si accomodino dietro le sbarre, ma solo per due ore così da consolare i compagni. Vuoi mettere i diritti di coloro ai quali i detenuti innamorati hanno nuociuto? Nordio pensi ai «padrón» giudici e alle carriere separate invece di partorir scemenze.
Massimo Cei
Caro Massimo,
ti sorprenderà ma la democraticità di un sistema si evince e si misura anche e soprattutto dalla maniera in cui in esso vengono trattate le persone private della libertà personale, ossia i detenuti, molti dei quali, lo ricordo, non sono neppure condannati in via definitiva, quindi, stando alla Costituzione e non alla mia opinione, devono essere ritenuti innocenti, proprio sulla base di uno dei principi cardine del nostro ordinamento, il vituperato principio della presunzione di innocenza. Dunque, caro Massimo, ho difficoltà a comprendere il tuo sarcasmo su questo argomento e la severità nei confronti di un ministro che si dimostra civile, poiché è evidente che consideri un abominio che ai ristretti venga riconosciuto il diritto all'affettività, senza il quale esercizio la pena diventa tortura e la tortura non è mica uno degli obiettivi della detenzione. Questo lo sai? Il fine della detenzione, infatti, è la rieducazione, cui segue il reinserimento sociale del reo che abbia saldato il suo debito con la società e con la giustizia. Ti garantisco che negare qualsiasi forma di affettività, ossia la possibilità del detenuto di abbracciare o accarezzare il figlio o la moglie, o della detenuta di fare lo stesso, non rappresenta una maniera di educare e recuperare un individuo, anzi, l'assenza di affettività ammala, abbrutisce, incancrenisce quel male che spesso conduce sulla strada della devianza. Non intendo fare il parroco o catechizzare chicchessia, semplicemente non condivido l'accanimento, il disprezzo e l'odio verso i reclusi. Sì, sono uomini e donne che hanno sbagliato, che hanno fatto anche del male, che hanno calpestato la legge, ma non dobbiamo e non possiamo privarli della possibilità di riscatto, ovvero credere che possano essere e diventare persone migliori.
Che ci piaccia o meno, il detenuto subisce la sospensione della libertà personale, ma continua a godere di altre libertà e diritti. E si dia il caso che i diritti alla espressione dell'affettività e alla sessualità, che costituisce un aspetto essenziale dell'essere umano, di entrambi i generi, siano alcuni di questi. Se il detenuto gode del diritto alla salute ha anche il diritto a dare e ricevere gesti di affetto e di cura, senza i quali anima e corpo soffrono, deperiscono, muoiono.
Era ora che questo provvedimento venisse introdotto perché l'Italia, in questo ambito, era indietro rispetto ad altri Stati dell'Occidente libero e civile, quell'Occidente dove la galera non è concepita come un ambiente in cui infliggere sofferenze ma in cui dovrebbe
realizzarsi una scelta decisiva: abbandonare la strada della devianza per intraprendere quella della legalità. Come può il deprivare il reo della carnalità contribuire a spingerlo sulla retta via?Perdonami ma non ne colgo il senso.
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