I proPal sfidano lo stop della questura: "Saremo in piazza contro Israele"

I proPal annunciano di voler aggirare lo stop delle autorità. "Divieto politico, nessun passo indietro"

I proPal sfidano lo stop della questura: "Saremo in piazza contro Israele"
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Scenderanno in piazza sfidando così il divieto della questura. Torneranno a gridare il loro odio contro Israele. Gli attivisti pro-Palestina non intendono indietreggiare, né attenersi alle indicazioni delle autorità. Nelle scorse ore, la polizia aveva infatti disposto l'annullamento della manifestazione proPal convocata per il 5 ottobre a Roma, all'antivigilia del drammatico anniversario delle stragi di Hamas nei territori israeliani. Ma le indicazioni, motivate da ragioni di pubblica sicurezza, sono state fortemente contestate dai militanti con la kefiah, che intendono portare in strada le loro istanze, a costo di violare lo stop.

In un comunicato diffuso sui social, i Giovani Palestinesi hanno infatti rilanciato l'appuntamento di piazza, con tanto di recapito per raccogliere nuove adesioni alla protesta. "La questura di Roma ha vietato formalmente ogni manifestazione prevista per il 5 ottobre a Roma, coerentemente con le dichiarazioni del ministro Piantedosi", hanno scritto, definendo la prescrizione delle autorità come un "divieto politico". Poi l'inevitabile attacco al governo italiano: "Forte della sua complicità con Israele, utilizza gli strumenti della repressione per mettere a tacere ogni forma di solidarietà nei confronti del popolo palestinese". E ancora: "Dietro la questione dell'ordine pubblico, si cela invece la volontà politica di censurare la nostra mobilitazione in un clima di repressione politica mai visto prima".

La narrazione è quella di sempre, diffusa con l'obiettivo vittimistico di connotare negativamente le indicazioni delle autorità. Lo stop imposto dalla questura, al netto dei malumori proPal, è però comprensibile: già nei giorni in cui era stata annunciata, la manifestazione del 5 ottobre aveva sollevato polemiche ed era stata interpretata da molti come una provocazione in grado di innescare reazioni impulsive potenzialmente pericolose. In un comunicato, gli stessi attivisti pro-Palestina avevano definito il 7 ottobre come "la data di una rivoluzione". E non come il giorno di un insensato massacro. È dunque presumibile che, alla luce di questi e altri elementi, le autorità abbiano valutato l'opportunità di fermare la manifestazione per la sicurezza di tutti.

Ma i collettivi non vogliono ascoltare ragioni e hanno annunciato di voler manifestare a ogni costo.

"Scendere in piazza al 5 ottobre è un atto minimo di disobbedienza contro Israele e i suoi crimini, contro la Nato che ci ha portato nel baratro della guerra, contro il governo Meloni, prima che sia troppo tardi, prima che non esistano più le libertà fondamentali", hanno scritto sui social, attaccando poi l'esecutivo in riferimento al recente ddl sicurezza, messo a punto - si legge - "per reprimere brutalmente qualsiasi forma di protesta".

Sempre colpa del governo: il mantra di chi si permette di dare lezioni di democrazia, salvo poi rivendicare i propri atteggiamenti di odio come un diritto inviolabile.

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