Influence marketing: cos'è e come mai deve essere regolamentato

L’influence marketing, ovvero la pratica di pubblicizzare un prodotto tramite influencer, vlogger e simile, è un settore multisfaccettato, che non può più essere affrontato con superficialità, sia per la rilevanza a livello di investimenti, sia per tutte le implicazioni che porta con sé

Influence marketing: cos'è e come mai deve essere regolamentato
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In Italia questo settore vale oltre 300 milioni, ma in controtendenza a una crescita costante solo metà delle aziende italiane utilizza strumenti per monitorare e garantire la corretta collocazione delle pubblicità di un marchio e solo il 30% ha una figura o un team dedicato alla gestione delle attività di influence marketing.

Questi sono i sorprendenti dati che emergono da una nuova ricerca condotta da FLU, realtà specializzata in influence marketing e parte di Uniting Group, che ha da poco pubblicato “Brand Safety e Influence Marketing: strumenti legali e guideline per tutelare la tua campagna”, white paper realizzato con il contributo di IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) e dello studio legale DGRS.

L’influence marketing è un grande affare

Il fatto che le aziende riservino grande attenzione all’influence marketing è dimostrato dalla continua crescita degli investimenti pubblicitari su questo mezzo. Da Instagram e TikTok fino a YouTube e altre piattaforme, i brand collaborano sempre più frequentemente con persone famose per raggiungere la loro rete di follower e promuovere i loro prodotti e servizi. Ogni settore ha i propri influencer, opinion leader, guru e trend setter, che testano novità, parlano di nuovi prodotti, diffondono notizie e recensioni sui propri canali.

Gli investimenti italiani nel settore

La maggior parte delle aziende italiane fa ricorso a questo strumento di comunicazione principalmente allo scopo di raggiungere nuovi segmenti di consumatori, migliorare l’engagement o accrescere la brand equity.

Secondo una ricerca condotta da Upa (Utenti pubblicità associati) presso i suoi associati, nel 2022 gli investimenti pubblicitari sull’influence marketing hanno raggiunto quota 294 milioni di euro, segnando una crescita dell’8% rispetto al 2021.

È necessaria una regolamentazione

Il Digital Chart è il testo normativo di riferimento per le campagne di influence marketing creato e recentemente aggiornato dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP). Uno strumento particolarmente importante dato che, come emerge dal white paper di FLU, solo un brand su due utilizza clausole di esclusività nei contratti di influence marketing e solo il 40% inserisce eventuali penali.

Anche l’Italia, così come la Francia, dovrebbe chiarire il quadro giuridico delle pratiche di influenza commerciale, definendo le responsabilità degli influencer e proteggendo i diritti dei consumatori. L’obiettivo dovrebbe essere quello di creare un ambiente più trasparente e responsabile per il marketing operato da queste figure, per evitare abusi e garantire l’integrità delle attività commerciali su internet.

Scende in campo anche Agcom

Il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha deciso all’unanimità, nella riunione del 13 luglio, di indire una consultazione pubblica sulle misure per garantire il rispetto da parte degli influencer delle disposizioni del Testo unico sui servizi di media audiovisivi.

D’altronde, la crescente rilevanza e diffusione dell’attività di soggetti denominati nel linguaggio corrente con il termine di “influencer”, ma anche “vlogger”, “streamer” o “creator” che creano, producono e diffondono al pubblico contenuti audiovisivi – su cui esercitano la responsabilità editoriale – tramite piattaforme per la condivisione di video e, in generale, tramite social media, ha attirato l’interesse delle istituzioni pubbliche, in considerazione dell’impatto che essi hanno sugli utenti, sui consumatori e sulla società, conducendo all’avvio di iniziative regolamentari in numerosi Paesi europei.

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