È stato chiaro il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi: «A Milano non esiste un problema banlieue...». Se per banlieue si intendono quelle periferie-ghetto dove non ci sono regole e soprattutto dove non c'è Stato. Quindi dal Corvetto, al centro delle cronache per la rivolta dopo la morte di Ramy, a Selinunte, a Quarto Oggiaro il problema è un altro. E a dare una spiegazione, forse per la prima volta, ci ha pensato il sindaco Giuseppe Sala che, dopo il vertice in prefettura e l'annuncio che presto il Viminale invierà in città 600 poliziotti, ha ammesso: «Non mi spingo a dire che Milano è una
città sicura ma non serve a nulla crocifiggerla perché sta diventando un modello che caratterizza tutte le città internazionali». Quindi il problema è l'insicurezza, cioè la paura. Il timore di girare da soli in periferia ma anche quel malessere, quella leggera ansia con cui fare i conti quando, ad ora tarda, si prende un tram, una filovia, la metro. Paura di dover fare i conti con un balordo, una baby gang, di finire in qualche rissa nelle vie della movida, di trovarsi nei guai. Non si vive bene con la paura. La paura rompe la solidarietà, fa emergere l' intolleranza, divide ancor di più la popolazione tra chi ha redditi alti e chi magari non li ha proprio, fa crescere rancore e senso di rivalsa, rischia di alzare muri magari non
di mattoni ma sicuramente di censo, di etnie, di religioni... Insomma la paura divide. Porta sempre di più a rinchiudersi e ad esasperare le diseguaglianze.
Che a Milano diventano sempre più evidenti, perché la forbice tra chi se la gode e chi invece arranca si è allargata parecchio. È sempre più una città a due velocità: l'esatto contrario del modello di città diffusa ed internazionale a cui aspira.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.