Un pronto soccorso per medici e infermieri

Un tempo il mestiere di medico era considerato prestigioso, facoltoso, ben retribuito

Un pronto soccorso per medici e infermieri
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Direttore Feltri,
il medico di famiglia, anche detto «di base», mio e di mia moglie è andato in pensione e noi stiamo avendo grosse difficoltà a trovarne un altro. Siamo attualmente scoperti e questo è un bel guaio, anche perché abbiamo bisogno di farmaci che richiedono la prescrizione. Come è possibile che siamo rimasti senza dottori? Persino negli ospedali scarseggiano. Lei me lo sa spiegare?
Riccardo Brambilla

Caro Riccardo,
un tempo il mestiere di medico era considerato prestigioso, facoltoso, ben retribuito. Quindi i giovani ambivano a studiare medicina e a svolgere questa attività nelle cliniche pubbliche o private, negli ospedali, o anche in qualità di liberi professionisti. La richiesta era tale che è stato introdotto il cosiddetto numero chiuso per l'accesso alle facoltà di medicina, per iscriversi alle quali era ed è tuttora necessario il superamento di un test di ammissione, cosa che una volta aveva un senso e che adesso non ne ha più alcuno, anzi avremmo appunto bisogno di più medici, che scarseggiano ovunque, tanto che siamo costretti ad importarli dall'estero.

Eppure non mi stupisce che questo lavoro non sia più tanto ambito, semmai mi meraviglierei se lo fosse, considerate le condizioni in cui vivono e sgobbano sia medici che infermieri.

Sono freschissimi i dati, che mi hanno addirittura impressionato, riguardanti le aggressioni sia fisiche che verbali al personale sanitario. Soltanto nel 2023 gli episodi di questo tipo registrati a livello nazionale sono stati circa 16mila. Ad essere coinvolti sono stati circa 18mila operatori, soprattutto donne. Il numero delle aggressioni è cresciuto rispetto al 2022.

In certi casi si ricorre agli insulti, alle minacce, in altri casi alle violenze fisiche vere e proprie o al danneggiamento di beni di proprietà del soggetto preso di mira, come l'automobile. Le conseguenze che derivano da questa assenza di sicurezza, dalla percezione insomma che nei reparti, in particolare nei pronto soccorso, si lavora e si vive come in trincea, sono stress, depressione, ansia, esaurimento emotivo del personale sanitario, sottoposto ed esposto quotidianamente al rischio di aggressione da parte dei pazienti e dei familiari di questi.

Caro Riccardo, sono certo che anche tu, a queste condizioni, sceglieresti di cambiare occupazione, cosa che fanno in tanti.

A tutto questo si aggiunga un altro elemento non irrilevante: gli stipendi non sono affatto allettanti. Quindi ci si ritrova a compiere un lavoro di fatto pericoloso a fronte di un compenso tutto sommato esiguo, non proporzionato alla fatica, al valore di quello che si compie, al tempo dedicato, all'impegno e ai rischi connessi.

Regione Lombardia, allo scopo di tutelare il personale impiegato negli ospedali e di contrastare il fenomeno dirompente delle aggressioni, ha fatto ricorso ad un pulsante, installato dallo scorso agosto in 21 ospedali lombardi, che consente a medici e infermieri di allertare facilmente, con un semplice e discreto gesto, le forze dell'ordine in caso di bisogno. L'arrivo degli agenti è tempestivo e talvolta può essere salvifico. In pochi mesi sono state già mandate 186 richieste di intervento, di cui 157 nel Milanese, 18 in Brianza e 11 nel Lecchese.

Tale sistema, che verrà esteso anche ad altre strutture lombarde, si è rivelato essere da subito molto utile ed efficace e sarebbe opportuno che altre Regioni copiassero questo modello sposando codesta soluzione.

È nostro dovere rispettare medici e infermieri ed è altresì dovere delle

istituzioni fare tutto il possibile per assicurare loro quelle condizioni essenziali di serenità senza le quali viene inficiata la motivazione di seguitare a porsi al servizio dei pazienti, troppo spesso impazienti e maleducati.

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