Quando la vittima è l'uomo

L’altro aspetto della violenza, le false denunce contro i mariti e le oppressioni morali delle donne stalker

Quando la vittima è l'uomo

Li fanno sentire dei completi falliti a furia di lavaggi del cervello logoranti. Li umiliano, li minacciano di portare via i figli e di ridurli sul lastrico. Sono le donne che odiano gli uomini. E magari non arrivano ad alzare le mani o a uccidere, ma costruiscono gabbie di oppressione morale e pressioni da stalker. Anche le loro sono molestie, distruttive quanto quelle fisiche, e punibili per legge. Eccolo l’altro lato della violenza che, nell’anno per eccellenza della lotta ai femminicidi, rischia di venir dimenticato.

I casi in cui è l'uomo a vestire i panni della vittima sono sempre di più: finora quelli accertati sono 3,7 milioni, di cui 1,3 milioni negli ultimi tre anni. Le denunce per maltrattamento sono piano piano in aumento anche se è dura che un uomo ammetta di aver subito abusi e vessazioni. Il sottobosco è ancora vasto e al momento i numeri non aiutano a dare una fotografia a contorni definiti della situazione. Tuttavia è azzardato parlare di fenomeno diffuso: i casi restano all’incirca 4 volte inferiori rispetto alle violenze ai danni delle donne. Non per questo però il problema va messo da parte.

Gli uomini che denunciano abusi (anche sul lavoro), offese o proposte indecenti sono meno del 3%. Nel 2024, su 153 omicidi in ambito familiare, 99 sono stati quelli con vittime le donne, 54 quelli con vittime gli uomini. E tra questi una decina sono i maschicidi, ad opera della moglie o della ex.

Le violenze inventate

Ma una delle «violenze» più gravi di cui rimangono vittima gli uomini sono le false denunce, escamotage utilizzato dalle mogli soprattutto in fase di separazione: basta che le signore si presentino di fronte alle forze dell'ordine raccontando di essere state picchiate, spinte o prese a sberle per mettere nei guai la controparte anche quando non ha mai alzato un dito.

L’abuso delle denunce è molto diffuso: le accuse sono prive di fondamento nel 70% o nel 90% dei casi a seconda della regione. E comportano un lavoro importante e inutile per la giustizia che di fatto “perde tempo” e trascura le denunce reali, intoppando i tribunali e rallentando i tempi di intervento per prevenire delitti e degenerazioni. “Credo sia arrivato il momento di parlare di violenza relazionale - spiega l'avvocato cassazionista Veronica Coppola del centro antiviolenza Ankyra, dedicato principalmente agli uomini – e non più di genere. Stiamo trattando molti casi di violenza bidirezionale: una guerra di denunce tra lei e lui che non porta a nulla e che spesso sfocia nell’archiviazione da parte del giudice, quasi a decretare una ripartizione equa delle colpe”.

La guerra delle denunce

L'arma del «ti tolgo i figli e non li vedrai mai più» resta in ricatto più grosso. Ma non si pensi che il sesso debole non sia capace di mettere in atto abusi sessuali o maltrattamenti fisici: al centro di accoglienza per uomini maltrattati si sono presentate vittime con il lobo dell'orecchio tagliato, con segni permanenti di morsicate dopo scenate di gelosia, oppure presi a calci e minacciati con i coltelli della cucina. Molte le storie di stalkeraggio, i pedinamenti, il furto delle password dei social da parte delle mogli per la pubblicazione di contenuti diffamanti o semplicemente per spiare le loro chat private.

Ci sono casi di uomini che si sono visti mettere contro i figli, che sono stati spolpati economicamente e resi talmente deboli e avviliti da avere perso il posto di lavoro, convinti dalle compagne di essere dei totali falliti. Altri sono finiti per strada dopo cause di separazione eccessivamente aspre.

Dopo la battaglia anti femminicidi, per spronare le donne a denunciare abusi e violenze, ora tocca agli uomini: basta tabù, basta silenzi e vergogna a parlare, anche nelle coppie omosessuali. Basta classificare le violenze in base al “sesso forte” o al “sesso debole”. Il punto di partenza sta nel riconoscimento della violenza contro gli uomini. Riconoscimento che viene anche sancito nel testo della convenzione di Istanbul, ratificata in Italia nel 2014.

Il provvedimento firmato dal Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne parla anche di violenza domestica e si riferisce palesemente a «tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare - o tra attuali o precedenti coniugi o partner - indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima». E quando si parla di «autore di violenza» non si esclude che possa essere una donna.

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