Caro Mauro,
esprimi molto lucidamente un sentimento che io stesso provo, ossia di amarezza rispetto ad una generale decadenza del mestiere del giornalista e della qualità dei giornali, che, come tu noti, non raccontano più la vita, i fatti che riguardano ed interessano la gente, bensì si avvitano intorno a polemiche e tafferugli. Vero è che, se un tempo i cronisti facevano giornalismo, adesso fanno bullismo, si scagliano uno contro l'altro, mossi spesso da invidia, altrimenti da cos'altro? In generale, coloro che lavorano all'interno delle redazioni hanno perso il contatto con la realtà, stanno come i politici, lontani dal popolo, chiusi o negli uffici o nei palazzi, osservando il mondo attraverso il display del telefonino o del computer. Questi vizi conducono inevitabilmente a sviluppare una visione quantomeno distorta e alterata del reale nonché a concentrarsi sul proprio ombelico, credendo che esso rappresenti il centro del mondo. E poi ci domandiamo perché nessuno legge più i giornali. È così semplice, è così evidente: i giornali sono diventati noiosi, ripetitivi, monotoni. Talvolta quello di oggi è identico a quello di ieri e sarà identico a quello di domani. Non cambia che la data. Dunque la colpa di tale disinteresse non è da attribuire ai lettori, sono i giornali ad essere diventati poco attraenti. Sono spesso i direttori a ritenere, a torto, che ciò che appassiona loro personalmente sia di gradimento ai lettori e ne susciti il coinvolgimento.
Sono lontani i tempi in cui al cronista era richiesto di scarpinare, guardandosi intorno, cacciando la notizia, vedendo con i propri occhi al fine di potere narrare ad altri. «Consuma le suole e conserva l'intelligenza» mi ripeteva il mio direttore Nino Nutrizio, il quale, in effetti, era convinto che il giornalismo si faccia prima con le scarpe e poi con la testa.
È indispensabile muoversi e fare in modo di non divenire mai grassi e indolenti topi di redazione, poveri di curiosità e di fantasia. E dico di fantasia poiché per spiegare bene la verità serve anche questa, per fabbricare fogli appetibili altrettanto.
A rovinarci è stato altresì il politicamente corretto.
Oggigiorno non puoi fare un titolo un po' colorito o divertente che finisci sotto processo ed i primi a macellarti sono i colleghi. Le prime pagine sembrano sepolcri, tristi e lugubri.Eppure basterebbe farsela una risata, almeno ogni tanto. Perché la vita è troppo difficile per prenderla tanto seriamente.
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