
Tutti sogniamo, e tutti sognano, noi e anche gli altri animali. Certo, cosa sogna il vostro cane non lo sapremo mai, ma neppure conosciamo bene i nostri, di sogni. Nella scienza sono entrati con Sigmund Freud, il quale però ha preso anche un sacco di cantonate, interpretazioni e simboli fallici ovunque. Nel frattempo la letteratura sui sogni è diventata sconfinata. Sappiamo che il cervello, nel sogno, riorganizza ricordi e neuroni. I sogni partono dal tronco encefalico e si costruiscono mettendo insieme materiali vissuti, paure, desideri («i sogni son desideriiiiiii….»), spazzatura neuronale, e non sempre si ricordano. Di fatto sono un meccanismo del cervello per ripulire il cervello.
Ma perché alcuni li ricordano e altri no? Tra gli ultimi studi ce n’è uno italiano, condotto dai ricercatori della Scuola Imt Alti Studi di Lucca e pubblicato su Communications Psychology. La memoria dei sogni al risveglio è chiamata “dream recall”, ma gli studi danno risultati contraddittori. Da alcuni emerge che donne, giovani o chi sogna a occhi aperti ricordi meglio i sogni, altri studi smentiscono questa ipotesi. Durante il Covid, a causa del cambiamento delle abitudini e del lockdown, la percentuale di chi ricordava i sogni è aumentata (probabilmente tutti sognavano di uscire di casa).
Alla nuova ricerca ha partecipato anche l’Università di Camerino, duecento partecipanti di età compresa tra i diciotto e i settantanni, i quali hanno registrato ogni giorno i loro sogni indossando dispositivi e test psicometrici. Avevano anche un orologio da polso (io uso l’Apple Watch, ma più che altro per contare i passi che non faccio) per monitorare durata, intensità, qualità del sonno. Le cavie sognanti umane hanno anche registrato, raccontandoli, i propri sogni, che sono stati confrontati anche con le loro esperienze da svegli. Ne è venuto fuori, tra l’altro, che i giovani ricordano di più i sogni, mentre gli anziani molto poco, hanno la sensazione di aver sognato ma non sanno cosa. Si chiamano “sonni bianchi”.
Ho chiesto al nostro più illustre neuroscienziato, Giorgio Vallortigara, un parere, e mi ha detto: «Sai come la penso no? Gli scrittori ci arrivano sempre prima degli scienziati. Dice Borges in Oral: “Che cos’è il passato se non una serie di sogni? Che differenza può esserci fra il ricordare i sogni e il ricordare il passato?”. La ragione per cui i vecchi non ricordano i sogni è che sono troppo occupati a ricordare il passato».
Io invece vorrei fornire agli scienziati una mia ricerca, ricavata da dati empirici: le donne sognano troppo. Ma non è questo il problema. È che i sogni te li raccontano, come se potesse importarcene qualcosa. Nei minimi dettagli, che sono importanti solo per chi sogna, finché non se li dimentica. Se la donna è poi vostra moglie o compagna o amante vi recriminerà anche cosa avete fatto nel suo sogno, come vi siete comportati male. «Ho sognato che mi tradivi» (il partner penserà: «ma magari!»).
Ci sono anche donne che vanno dallo psicologo a raccontare i sogni, ma non crediate di essere salvi.
Appena tornano da voi vorranno raccontarvi cosa ha detto lo psicologo del loro sogno, per cui vi beccate sia il racconto del sogno sia l’interpretazione dello psicologo, che siccome non lo pagate voi implicherà una vostra colpa nei confronti di lei. Il mio sogno a occhi aperti è che nessuna mi racconti mai i suoi sogni, perché ascoltarli è un incubo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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