Il tabù dell'indulto

Papa Francesco ha celebrato la messa per e con i carcerati romani, pronunciando parole che riaprono la speranza, ma anche le polemiche sull'uso di strumenti come l'amnistia e l'indulto

Il tabù dell'indulto
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Papa Francesco lo aveva annunciato l'estate scorsa, dando notizia che in apertura del Giubileo 2025 avrebbe varcato la Porta Santa del carcere romano di Rebibbia: «Propongo ai governi scrisse - che nell'Anno Santo si assumano per i detenuti iniziative che restituiscano speranza; forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in se stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell'osservanza delle leggi». Parole che ieri sono rimbalzate durante la messa che Francesco, mantenendo l'impegno preso, ha celebrato per e con i carcerati romani; parole che riaprono sì la speranza, ma anche le polemiche sull'uso di strumenti come l'amnistia (cancellazione del reato) e l'indulto (estinzione o sconto della pena), che nonostante siano previsti dalla Costituzione hanno diviso la politica e l'opinione pubblica fin dalla prima applicazione (giugno 1946, legge Togliatti-De Gasperi per sanare i reati commessi sotto il fascismo).

Da allora sono stati una trentina gli atti di clemenza collettiva, ma sul tema in verità si fa ancora molta confusione. Esaminando la possibilità di concedere amnistie o indulti lo Stato non si pone infatti il problema del perdono cristiano e neppure quello della clemenza laica, bensì l'utilità generale e il rispetto dei patti sottoscritti con i cittadini che alla voce «detenzione» prevede condizioni chiare e inderogabili di dignità e sicurezza sia per i detenuti sia per il sistema carcerario addetto alla loro custodia. Se queste condizioni vengono a mancare in modo grave e continuo, lo Stato si mette sullo stesso piano dei rei, in pratica è uno Stato fuorilegge. Seconda considerazione: amnistia e indulto non sono provvedimenti, per rimanere in tema, urbi et orbi, bensì destinati solo a determinate categorie di reati (lievi per danno sociale) e di detenuti (meritevoli) che di fatto non sconvolgono il senso profondo della giustizia. La discussione non dovrebbe quindi essere inquinata dall'eterna lotta tra giustizialismo e garantismo, ma attenersi a fatti oggettivi.

Esistono le condizioni per applicare ciò che la Costituzione prevede? Se sì, parliamone davvero e decidiamo in fretta, se no evitiamo di aprire nuovi fronti di inutili scontri, per di più sulla pelle di chi già soffre di suo.

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