A parte il fatto che non siamo, da sempre, favorevoli a scioperi selvaggi, come quelli dei taxisti in questi giorni, perché - semplicemente - privano molti cittadini del diritto di muoversi senza la possibilità di organizzarsi diversamente perdendo tempo, quattrini e salute. E a parte il fatto della ridicolaggine assoluta della quale si coprono quelli di sinistra che solo ora gridano allo scandalo per lo sciopero selvaggio dopo cinque anni di caos fatto da loro, o da loro non criticato. A parte questo, e man mano che passano i giorni dal decreto Bersani, appare sempre più chiaro un fatto. Ci sono vari problemi sui quali intervenire nel servizio dei taxi. Di disagi ce ne sono e molti. Tutti lo sanno a partire dai taxisti - diciamo - intellettualmente onesti. Del resto chi non li ha provati? Città sguarnite di taxi in ore di punta e affollate di taxi ai parcheggi nelle ore di bassa, aeroporti scoperti, file interminabili nelle ore notturne nelle stazioni ferroviarie. Così come è vero tutto questo lo è altrettanto il fatto che il Decreto Bersani non risolve un bel nulla di tutti questi problemi. Vediamo perché.
Anzitutto la palla, comunque, rimane - o ritorna - in mano ai sindaci. Già prima, senza il decreto Bersani, i sindaci - se lo volevano - potevano tranquillamente (si fa per dire) aumentare il numero delle licenze. Si fa per dire, infatti chi non ricorda le battaglie condotte dal sindaco di Milano, Gabriele Albertini, per aumentare le licenze dei taxi? Il decreto non cambia questa situazione: saranno comunque i sindaci a doversela vedere con questo problema. Non c'è un sindaco, naturalmente - e legittimamente - che sia d'accordo con un altro. A Milano Letizia Moratti è disposta a discutere a condizione che i taxisti tolgano il blocco. A Firenze Lorenzo Domenici vuole introdurre licenze temporanee per i grandi eventi. A Torino nessun intenzione di aprire a nuove licenze nella giunta guidata da Sergio Chiamparino.
Nulla si dice, poi, di tariffe e nulla si dice dei turni, che poi sono i problemi veri che interessano ai cittadini consumatori, come li chiama Bersani. Con in più un particolare non irrilevante. Un solo soggetto potrà avere più di una licenza. E chi saranno questi soggetti? I taxisti? Difficile, come ha ben spiegato Geronimo, ieri, sul Giornale. Più facile che siano delle società o magari delle cooperative, trasformando - di fatto - questo lavoro da lavoro autonomo a lavoro dipendente. Come risultato non c'è male.
Avendo voluto liberalizzare radicalmente si sarebbe potuto scrivere un solo articolo nel quale si diceva che dal giorno dopo chiunque in possesso di una patente di guida regolare, di auto adatta e, magari (dovendo svolgere un servizio pubblico) essendo persona con fedina penale pulita, avrebbe potuto presentarsi al suo Comune di residenza e richiedere di poter fare il taxista. Magari con tariffa libera e con anche libertà di turni. Niente di tutto questo.
E comunque, anche in questo caso, sarebbe rimasto in mezzo un problema non piccolo. Chi ha una licenza ha un patrimonio. A volte l'unico. È una questione di tutela della proprietà privata che, di punto in bianco, sarebbe privata del valore accumulato lungo il corso degli anni e faticosamente pagato dal taxista proprietario. Questo è un problema molto serio.
Le liberalizzazioni sono un bene. Dipende, però, da come si fanno. In questo caso il caos, per ora, abbonda. E di benefici non se ne intravedono.
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