Roberto Mancini: "Lasciare la Nazionale? Una scelta sbagliata. Ora sogno di vincere i Mondiali"

L'ex Ct compie 60 anni e parla per la prima volta dell'addio: "Tornassi indietro gestirei tutto diversamente". Domani l'intervista esclusiva sul Giornale in edicola

Roberto Mancini: "Lasciare la Nazionale? Una scelta sbagliata. Ora sogno di vincere i Mondiali"
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"Lasciare la Nazionale italiana è stata una scelta sbagliata, che non rifarei". Roberto Mancini domani compie sessant'anni, si guarda indietro e racconta in esclusiva al Giornale - in una intervista che potrete leggere domani sul quotidiano in edicola - i successi, i rimpianti e i sogni. Sessant'anni di vita tra sport e affetti.

"Quello che mi brucia di più - dice - è stata l’eliminazione della Nazionale dal Mondiale". E l'errore più grande? Oggi lo ammette: "Sono state le dimissioni da Ct, uno sbaglio che non rifarei". Dal momento che è la sua festa gli chiediamo qual è il regalo che si farebbe. Lui sorride: "Alzare la coppa del mondo".

Un’ora di intervista dopo tanti mesi di riservatezza e silenzio. Una confessione fiume. Il rammarico per non aver finito gli studi, la fissazione per il pallone da quando era piccolissimo, la vita a Jesi con la madre infermiera, il padre falegname e la sorella piccola, poi l’avvenura a Bologna iniziata quando aveva tredici anni.

Una infinità di espisodi e aneddoti. Mancini è una vita intera nel calcio. È la passione del calcio. Mancini sono le sue inaudite doti tecniche da giocatore, ma anche il carisma e l'intuito, e le capacità tattiche da allenatore. Mancini è la Sampdaoria, è lo scudetto mai visto prima, nel dopoguerra, a Genova, è la finale della Coppa dei Campioni, ma è anche la Lazio, è il secondo scudetto e poi è l’allenatore che ebbe tanti successi. Qui in Italia, soprattutto con l'Inter, ma anche in Inghilterra.

E poi Mancini è l'uomo, prima il ragazzo timido, poi il padre di famiglia, e i suoi tre figli. È il libro che ha scritto sua figlia, uscito in questi giorni, della quale va fiero e orgoglioso. È l’amicizia con Eriksson, e con Mihailovic, e con Vialli. Erano i suoi fratelli.

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