Autocritica Milan «Non possiamo fare peggio di Treviso»

I rossoneri affrontano l’ostico Schalke 04. Ancelotti sprona i suoi: «Dobbiamo assolutamente giocare meglio. Ed è il minimo...»

nostro inviato

a Gelsenkirchen
È vero, forse c’è un eccesso di zelo critico nei confronti del Milan. Vederlo arrancare dietro il Livorno, dopo 5 turni, soddisfa le viscere di qualche anti-berlusconiano di ferro, ma il suo ritardo fa notizia. È vero, forse c’è anche un pieno di aspettative, dopo il sontuoso mercato di Galliani e Braida (uno solo risponde all’appello, Gilardino, gli altri due, Vogel e Jankulovski non sono ancora valutabili), che risultano tradite alla prima performance poco convincente. È sempre vero, c’è quell’incubo di Istanbul che riaffiora sotto pelle a moltiplicare depressione e sfiducia diffusa al primo risultato incolore.
Lo ammette persino Paolo Maldini, capitano di lunghissimo corso e interprete equilibrato degli umori di Milanello. «Le critiche sono eccessive, ma chi lavora al Milan deve aspettarselo e questo non vuol dire che non possiamo migliorare», ammette. Ma il Milan, se vuole togliersi dalla palude, se vuole mettere all’angolo le censure e le insoddisfazioni palpabili, deve rimettersi sulla strada maestra del successo ottenuto attraverso il gioco. Lontano anni luce il duello Juventus-Inter. «Si arrangino loro» chiosa Ancelotti.
Ecco allora il primo traguardo da tagliare in gran fretta. Lo indica Ancelotti, all’aeroporto di Malpensa prima di volare verso Dortmund e questo spicchio di Germania che confina con l’Olanda, un tempo capitale della regione dei minatori, Schalke il quartiere di Gelsenkirchen che diede vita al club. «Dobbiamo giocare meglio: fare peggio di Padova col Treviso non è possibile»: nel paradosso di Carletto c’è lo specchio dei tempi e anche della condizione milanista, costretta ad aggrapparsi a qualche risultato rotondo senza poterne gioire. «Non esiste un deficit fisico da colmare, bisogna imprimere buoni ritmi alle partite», è l’opinione di Ancelotti.
Nella magnifica astronave dell’Arena, dove c’è il tutto esaurito, 60mila biglietti già venduti (e 25mila in lista d’attesa per avere un posto fisso nei prossimi mesi), il Milan rischia grosso. E non solo per il clima della sera, in uno stadio mondiale nuovo di zecca, dove il prato si può trascinare all’aperto (ci vogliono sette ore per lo spostamento) a prendere umidità e sole. I tedeschi sono considerati la seconda forza del girone, ma l’avvio (sconfitti 1-0 dal Psv) non è stato dei più convincenti. Devono rifarsi in fretta per risalire la china.
Di questi tempi il Milan soffre vistosamente le accelerazioni: se è bastato un anonimo Reginaldo a sconvolgergli l’apparato difensivo, figurarsi il danese Sand, accreditato di fisico e anche di talento balistico. «L’anno scorso siamo stati la seconda difesa del campionato a un gol di differenza dalla Juve», insiste Maldini che resta in trincea al fianco di Nesta. Non è una bella notizia la resa di Ambrosini: costringe l’allenatore a riconfermare Seedorf, poco convincente a Padova, e a scoprire il fianco sinistro, già poco cementato da Kaladze. La polizza assicurativa sulla vita è sempre lui, Andrij Shevchenko, a quota 48 nella classifica dei bomber di coppa Campioni, a un solo sigillo da di Di Stefano.

Prende colpi proibiti e non favella, anche se manda a dire che «solo in Italia ti prendono per la maglia e ti strattonano in area di rigore». Una denuncia più che un rimpianto, su cui è bene meditare. Al suo fianco gioca Gilardino, nonostante le parole spese per Vieri. Perché Ancelotti, in queste ore, non può certo inseguire il turn-over.

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