Non è un segreto che le batterie rappresentino il fulcro nonché la principale fonte di costo delle moderne auto elettriche. Elevatissima tecnologia, alti costi delle materie prime e dislocamento produttivo contribuiscono a far lievitare il prezzo, nonostante le previsioni dei costruttori di auto, negli scorsi anni, avevano ipotizzato una costante e graduale diminuzione del costo produttivo degli accumulatori. La situazione che invece si riscontra è diametralmente opposta, con un trend in crescita del costo produttivo principalmente dovuto all’innalzamento del costo dell’energia che, a sua volta, impatta anche nei costi di trasporto dai centri produttivi in Cina verso l’occidente. L’Europa è in ritardo sulla tabella di marcia ma, insieme agli Stati Uniti, sta cercando di correre ai ripari per portare la produzione degli accumulatori e dei semi-conduttori nel Vecchio Continente.
Cresce del 7% il costo delle batterie
Non bisogna però imputare tutto ai costi energetici. Se da un lato, infatti, impattano sul processo produttivo e distributivo, non si deve distogliere lo sguardo dall’aumento dei costi delle materie prime. A riferirlo è proprio uno studio di Bloomberg, che ha registrato la prima impennata dei valori dall’inizio del monitoraggio del 2010. Le stime suggeriscono così un 2023 con i prezzi pressochè stabilizzati, prima di tornare a seguire un trend ribassista dal 2024. Un aumento comunque inferiore al 10%, quindi non particolarmente significativo, al netto di eventuali speculazioni o escalation a cascata fino al consumatore finale.
Bisogna inoltre considerare l’effetto tampone delle nuove batterie LFP (Litio-Ferro-Fosfato), dai minori costi produttivi, che hanno in parte ridotto l’aumento generale dei prezzi sulle batterie costitute di materiali più nobili e costosi. Parlando di numeri, il costo medio per un veicolo elettrico è di circa 138 dollari per kWh e, andando nel dettaglio, le celle rappresenterebbero oltre l’83% del costo complessivo di una batteria, con un prezzo di 115 dollari a kWh. Un dato che, letto adeguatamente, rivela tuttavia un trend positivo: fino a qualche anno addietro, il prezzo delle celle rappresentava il 70% del costo complessivo degli accumulatori. In sostanza, più passa il tempo e meno si paga la batteria in funzione dei kWh immagazzinati, andando in breve a concentrare i costi nei singoli elementi che immagazzinano l’energia. Ridotti invece i costi dell’architettura della batteria, come sistemi di gestone termica o gli elementi strutturali.
Cina in testa
Come sembra lecito aspettarsi, lo stesso report rivela come in Cina il costo al kWh sia decisamente inferiore, circa 127 dollari. Oltre agli inferiori costi di trasporto, vi è una maggior distribuzione di batterie, specialmente per i veicoli elettrici, così da impiegare maggiormente le economie di scala che concorrono per abbassare i prezzi dei singoli componenti. Il prezzo di Litio, Nichel e Cobalto (per le batterie NMC/NCA) è in costante crescita causando perciò un aumento a cascata verso l’estrazione degli stessi e la produzione della batteria. L’obiettivo dei 100 dollari al kWh è ancora piuttosto lontano, ma lo stesso Bloomberg spiega come potrebbe essere raggiunto intorno al 2026, al netto di imprevisti geopolitici a livello globale o regionale. Infine, l’aumento del prezzo complessivo degli accumulatori potrebbe derivare anche da un congiunto aumento della domanda che, nel breve termine, implica l’aumento del prezzo finale.
Con un 2023 di consolidamento si potrebbe così arrivare al 2024 in una fase di inversione del prezzo, complice la maggior adozione (già raddoppiata rispetto al 2021, ammontando a circa 603 GWh) e la prevista riduzione del costo dell’energia e delle materie prime.
E le batterie allo stato solido?
Come testimoniato da uno studio dell’istituto di ricerca Fraunhofer, con sede a Karlushe, in Germania, le attuali batterie agli ioni di litio sarebbero prossime al raggiungimento delle loro massime performance. Il rapporto tra kWh immagazzinati, prezzo e peso, è sempre più importante, condizionando sensibilmente lo sviluppo delle moderne auto elettriche. La soluzione a lungo termine sembra quindi da ricercare in una nuova tecnologia di accumulatori, chiamati “allo stato solido” per via di una differente chimica all’interno delle celle. Non varierà significativamente l’impiego di Litio e Silicio, ancora oggi i materiali capaci di raggiungere le migliori performance per gli anodi, grazie alla maggior densità energetica.
Le principali differenze sono da ricercare nell’elettrolita. Si dividono in tre categorie, ossidi, solfurei e polimerici e si differenziano per stabilità chimica, resistenza alle sollecitazioni e facilità di produzione e costo. In una fase di maturità del mercato dell’auto elettrica, i nuovi accumulatori allo stato solido dovrebbero assicurare minori costi produttivi, maggior capacità energetica, ricarica più rapida, minor peso e maggior sicurezza, senza considerare una significativa diminuzione del degrado della stessa batteria.
Quando? Le stime parlando del 2025/2026 come forbice di tempo all’interno della quale inizieranno a venire prodotte in scala, mentre la piena crescita del mercato si potrà riscontrare solo a seguito del 2030, senza però mai soppiantare le più classiche batterie agli ioni di litio, che raggiungeranno la loro massima
espansione intorno al 2030. È infatti attesa una produzione globale di quasi 6 TWh nel 2030, circa 10 volte il valore attualmente raggiunto nel 2022, mentre per le batterie allo stato solido si parla di solo 15-40 GWh nel 2030.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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