Pochi film nella storia del cinema sono allo stesso tempo molto significativi e praticamente indimenticabili per un’intera generazione. Ancora meno comune il fatto che siano apprezzati dai critici e siano serviti da trampolino di lancio per una serie impressionante di attori. American Graffiti è un caso più unico che raro, tanto da far entrare il titolo nel dizionario e nella cultura popolare. Nonostante sia uscito nel lontano 1973, le conseguenze del successo di questo film malinconico, che ricorda un’epoca più leggera, priva di preoccupazioni sono ancora presenti davanti ai nostri occhi. Senza di esso, George Lucas non sarebbe diventato quello che è e non avrebbe avuto la forza di portare avanti un progetto all’apparenza senza speranza su una storia epica ambientata in una galassia lontana. L’elenco dei protagonisti, poi, è una specie di riassunto del cinema e della televisione degli anni a venire, con gente del calibro di Richard Dreyfuss, Harrison Ford e quel Ron Howard che sarebbe entrato in tutte le nostre case come Richie Cunningham in Happy Days.
E pensare che per Lucas il film non era che un modo per ricordare gli anni della sua adolescenza, passata in una cittadina sonnacchiosa della California, dove le giornate passavano tutte uguali tra noia, musica e sogni di un futuro radioso. Ad attirare l’attenzione degli spettatori di tutto il mondo, però, sono state le tante auto usate nel film, simboli inimitabili dell’era d’oro del sogno americano, tutto cromature, profili aerodinamici e pinne ardite. Magari la trama del film nemmeno la ricordate, ma se aveste di fronte una di queste macchine incredibili la riconoscereste di sicuro. La storia delle auto diventate iconiche grazie al successo di American Graffiti è davvero affascinante e non molto conosciuta. Ecco perché oggi vi racconteremo le origini ed i retroscena dietro le auto più famose che hanno reso questo piccolo film un capolavoro indimenticabile.
La hot rod più famosa
Anche se avete visto questo film parecchi anni fa, la vera protagonista dello show, la Ford Standard Coupe del 1932 giallo canarino, la riconoscereste ovunque. Magari vi siete dimenticati che era conosciuta come “Milner’s Coupe” e che la gente diceva che era “la più veloce di tutta la vallata” ma questa auto è diventata la hot rod più famosa al mondo. La storia di questa auto veramente iconica, che ha reso questo tipo di macchine popolare in tutto il pianeta, è davvero strana, tanto da assomigliare ad un romanzo vero e proprio. Quando George Lucas la scelse come auto simbolo del suo nuovo progetto, non era che uno scassone da poco, reperito da uno dei suoi producers in un concessionario della California per 1300 dollari. L’auto, a dire il vero, non assomigliava per niente a quella del film, visto che era in linea con la moda degli anni ‘70, con l’esterno grigio, i parafanghi rossi e l’interno rivestito in plastica bianca e rossa.
Lucas aveva passato l’adolescenza sulle strade di Modesto, in California, sognando di possedere una hot rod e quindi sapeva come renderla più originale. Per fare impressione sulle ragazze la tua macchina doveva essere veloce, minimalista, fatta apposta per far mangiare la polvere ai rivali. Via il cofano, via i pesanti parafanghi, niente finezze nella verniciatura, un semplice giallo laccato così da fare da contrasto agli interni neri, seri, come merita una vera auto da corsa. I cerchioni, poi, dovevano essere adatti all’epoca, cromati sì ma non troppo costosi, come le gomme belle sottili. I soldi andavano spesi sul motore, il cuore della macchina. Il motore originale venne rimpiazzato da un V8 Chevrolet small-block, forse un 283 o più probabilmente un 327, modificato in maniera efficace con due testate cromate, coprivalvola senza marchi e quattro carburatori doppio corpo Rochester montati su una base di alluminio. Una street racer dura e pura, modificata solo con un paio di piattaforme dove montare le cineprese con le quali filmare John Milner e Carol mentre guidavano in giro per le strade della California.
Non avrebbe mai vinto un concorso di bellezza ma non era quello lo scopo: la coupe di Milner doveva andare veloce, vincere gare e basta. Tra le tante in giro non era certo la più bella e non a tutti piaceva. C’era chi non apprezzava affatto il parafiamma in alluminio, la griglia angolata, i parafanghi troppo sottili ma la macchina divenne comunque leggendaria. Andate ad un qualsiasi raduno di appassionati di auto anni ‘50 e troverete di sicuro una hot rod di American Graffiti.
La Ford Coupe del '32
I figli degli anni ‘80 magari non ricordano affatto il film di George Lucas ma è probabile che non abbiano affatto dimenticato una auto estremamente simile, vera protagonista di tanti video musicali di una band texana che ha fatto la storia del periodo, gli ZZ Top. La loro Ford del 1932 è decisamente più raffinata, ha una verniciatura da urlo e divenne altrettanto famosa, tanto da averne modellini prodotti e venduti in tutto il mondo. La Eliminator è forse uno dei veri simboli della generazione MTV ma è solo l’ultima evoluzione di un modello nato molti anni prima, nel periodo nerissimo della Grande Depressione. Dal 1932 al 1934 la casa di Detroit aveva in vendita tre versioni, con motorizzazioni e carrozzerie molto diverse. La Model B aveva solo un “piccolo” motore a quattro cilindri mentre il V8 fu proposto solo sulla Model 18 nel 1932, per poi passare alla Model 46 dal 1933 al 1934.
Come succedeva all’epoca questi modelli erano presentati come una base composta da telaio e motore alla quale potevi abbinare la carrozzeria che preferivi. La Ford ne aveva davvero per tutti i gusti: roadster a due porte, berlina a due e quattro porte, una cabrio, una station wagon, fino ad una strana coupe a cinque finestrini. Parafanghi neri, cerchioni a raggi e ruota di scorta montata sul posteriore erano comuni a tutte le versioni. Cosa rende questo modello così popolare tra gli amanti delle hot rod? L’aspetto, principalmente ma anche il fatto che sia molto semplice da modificare, aggiungendo e togliendo componenti a piacimento, così da costruirsi l’auto dei propri sogni. Che fine ha fatto l’auto di American Graffiti? Dovrebbe ancora essere nel garage di un collezionista di San Francisco, Rick Figari. All’inizio del 2012 questo appassionato ha iniziato a restaurarla, rifacendo i cablaggi e varie cromature ma non è riuscito ancora a completare il lavoro. A mancare sarebbero alcuni particolari cruciali come il pomello del cambio e la targa con il nome della futura ditta di Lucas, la THX. L’auto è in buona forma ma non è ancora completa. Ai non maniaci importerà decisamente poco. È sempre bellissima.
La Chevy Impala del '58
Tra le altre auto che hanno beneficiato non poco del successo di American Graffiti c’è sicuramente un’altra vettura dell’epoca d’oro di Motor City, la Chevrolet Impala Coupe. Il modello usato nel film da Ron Howard è la prima versione di questa muscle car prodotta dalla General Motors per reggere la competizione delle rivali Ford e Chrysler. A renderla particolare dagli altri modelli GM era sicuramente le triple luci posteriori simmetriche, una vera stranezza nel panorama a stelle e strisce. Anche se la Chevy ne offriva molte versioni, in comune avevano tutte la linea filante e ribassata rispetto alle auto dei primi anni ‘50. Ad attirare l’attenzione del pubblico, poi, i doppi fari anteriori, i parafanghi posteriori scolpiti e il marchio sulla griglia, lo stemma con la famosa bandiera, particolare piuttosto difficile da trovare.
Nel 1972 le Impala non erano certo tra le vetture più popolari, tanto che, una volta terminate le riprese, la LucasFilm fu costretta quasi a svenderla in un’asta quasi deserta. Se la aggiudicò per soli 325 dollari uno studente delle superiori della Bay Area, Mike Famalette, che se ne era innamorato. La comprò prendendo a prestito i soldi dai suoi genitori ma non riuscì a godersela molto, visto che partì poco dopo per fare il servizio militare. L’auto rimase parcheggiata per anni, senza essere mai restaurata come si deve. L’auto è passata poi di mano, finendo nel garage di Ray Evernham che ha provato prima a sistemarla e poi a venderla. Nel 2015 fu presentata ad un’asta dedicata alle auto storiche del cinema con una stima da 800000 a 1,2 milioni di dollari ma è rimasta invenduta. Evidentemente non tutte le auto di American Graffiti riescono ad arrivare a quotazioni del genere...
La Chevy di Harrison Ford
L’auto che il futuro Han Solo guidava nel famoso film non è certo tra le più memorabili, visto che si tratta di una “normale” Chevrolet 210. Questo modello decisamente popolare ha però fatto la storia della divisione della GM a modo suo, visto che il suo successo di vendite fu fondamentale per segnare la vera svolta nella lunga storia di questo marchio americano. Da quel momento in avanti la Chevrolet riuscì a guadagnarsi un pubblico fedele e molto numeroso per macchine abbastanza economiche che tutti potevano permettersi. Ancora più significativo, poi, il fatto che la motorizzazione prevista inizialmente come un optional, il massiccio V8, divenne col tempo la scelta quasi obbligata, cambiando per sempre il mercato dell'auto. Per il film furono comprate e modificate ben tre Chevy del 1955, tutte nere, ma sfortunatamente ne è sopravvissuta solo una fino ai nostri giorni. Il proprietario, invece di coccolarla come avrebbe meritato, ne ha modificato pesantemente le caratteristiche, rendendola quasi irriconoscibile. Normale quindi che gli appassionati se la siano quasi dimenticata...
La Ford Thunderbird del '56
Tra le altre auto rese indimenticabili dal film di George Lucas non poteva mancare una delle vetture mito del periodo, la risposta della Ford alle muscle cars delle rivali, la Thunderbird. La versione scelta, quella del 1956, aveva visto parecchie modifiche rispetto agli anni precedenti, dal bagagliaio ancora più cavernoso alla ruota di scorta spostata sopra il parafango, dai terminali di scarico spostati fino alle prese d’aria aggiunte dietro alle ruote anteriori per migliorare il raffreddamento del motore. Nonostante sia tra le più affascinanti di sempre, questa versione delle Thunderbird due posti non ebbe successo, venendo prodotta in solo 15631 esemplari. L’auto guidata nel film da Richard Dreyfuss, accompagnato dalla splendida Suzanne Somers che avrebbe poi fatto innamorare milioni di telespettatori nella storica serie tv “Tre cuori in affitto”, non fu comprata da George Lucas ma affittata per le riprese. I proprietari, Clay e May Daily, non l’hanno mai venduta ed è quindi ancora nella cittadina di Petaluma, dove il film fu girato. L’auto era uscita dalla fabbrica rossa ma venne ridipinta di bianco parecchi anni fa. Ad oggi rimane una delle auto più famose degli anni ‘50, un inno a quell’epoca spensierata dove tutto sembrava possibile.
La Mercury Coupe del '51
L’ultima vettura storica di American Graffiti è forse la più particolare e quella dalla storia più triste. L’auto guidata da Bo Hopkins e dai suoi “Faraoni” era una Mercury custom del 1951 dall’inconfondibile linea e dal colore rosso vivace. Si trattava di una vettura particolare, introdotta nel 1950 dal marchio “medio” della Ford, nato per offrire soluzioni intermedie, più economiche del brand top Lincoln per rispondere alle coupe a due porte della General Motors che stavano facendo sfracelli. Questa pesante vettura sportiva solo nella linea non ebbe un gran successo ma si guadagnò un posto d’onore nel cuore degli appassionati di auto storiche, che amano modificarla con verniciature pazzesche, sospensioni super-ribassate e chi più ne ha più ne metta. Al contrario di molte altre vetture del film, la Mercury attirò l’attenzione di un acquirente molto speciale, un chitarrista talentuoso che avrebbe fatto parlare di sé, un certo Eddie Van Halen.
Col successo della sua band sempre più travolgente, Eddie si appassionò ad auto più moderne e lussuose, vendendo la famosa coupe ad un altro musicista, Brian Setzer. Il chitarrista e cantante degli Stray Cats ebbe parecchi successi nei primi anni ‘80 grazie al revival rockabilly. Le mode, però, passavano in fretta in quegli anni, tanto da causare tensioni interne alla band. Nel 1984, dopo lo scioglimento, Setzer vendette la Mercury ad un appassionato di New York. Qualche anno dopo, però, ben prima di restaurarla del tutto, il giovane si tolse la vita. Il padre si rifiutò di vendere l’auto per rispetto della memoria del figlio. La storica vettura rimane quindi parcheggiata da qualche parte, probabilmente arrugginita. Una fine tragica per una delle auto più affascinanti della storia del cinema…
Non tutte le auto di American Graffiti hanno fatto la storia: la Citroen 2CV del 1967 di Richard Dreyfuss e la Edsel Corsair del 1958 guidata da Cindy Williams, ad esempio, sono scomparse dai radar, finendo chissà dove. Agli appassionati del cinema e degli anni ‘50, in fondo, non importa granché.
Quelle auto storiche saranno sempre lì, a farci sorridere e ricordare un’epoca diversa che non abbiamo conosciuto che sul grande schermo, con una nostalgia tanto struggente quanto inspiegabile. Il loro posto d’onore nella storia del cinema e nei cuori degli spettatori di tutto il mondo non glielo toglierà nessuno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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