Vittorio Jano, progettista nato per salire sul tetto del mondo

Vittorio Jano è stato un progettista geniale che ha portato l'Italia in cima al mondo con l'Alfa Romeo, la Lancia e la Ferrari. I suoi motori hanno fatto scuola

Vittorio Jano, progettista nato per salire sul tetto del mondo

Quando si pensa a quell'incredibile epoca di scoperta, dove l'estro, l'intuito e la fantasia erano gli ingredienti chiave per progettare un'auto dannatamente brillante, uno dei primi nomi che viene in mente a tutti gli appassionati è quello di Vittorio Jano. Il progettista nato in Piemonte, nella provincia di Torino, da una famiglia di origine ungherese aveva le stimmate del vincente, perché la sua mente coadiuavata da dita speciali, gli ha permesso di mettere in fila una serie di macchine veloci e stroardinarie, a cavallo tra gli anni Trenta e Cinquanta del secolo scorso. Lo stesso Enzo Ferrari, uno che di motori se ne intendeva, aveva una grande stima di Jano, dato che i due parlavano la stessa lingua. Entrambi non erano ingegneri per carriera universitaria, ma quel titolo potevano vantarlo per la capacità di applicare le proprie regole al mondo delle quattro ruote, ottenendo dei risultati unici. Jano ebbe meno fortuna del Drake, ma il suo capitolo nel grande libro dell'automobilismo italiano è un vanto che nessuno può togliergli.

I primi passi in Fiat

Vittorio Jano nasce con il nome Viktor Janos, in ragione delle sue origini ungheresi, e viene spinto verso gli studi tecnici dal padre Francesco, capotecnico all'Arsenale Nuovo di Torino. Il suo percorso scolostatico lo porta a diplomarsi all'Istituto Professionale Operaio e nel 1909 inizia a lavorare presso la Società Torinese Automobili Rapid (STAR) dove resta per un biennio, frequentando al contempo una scuola serale di disegno meccanico.

Nel 1911 viene messo sotto contratto dalla Fiat come disegnatore medio, ma in breve tempo si fa notare dal nuovo dirigente dell'ufficio progetti Giulio Cesare Cappa, che nel 1914 lo vuole come suo braccio destro, in coppia con Oreste Lardone. In qualità di assistente di Cappa, Jano fa un notevole balzo in avanti e guadagna una massiccia esperienza tecnica, in special modo per quanto riguarda le auto da competizione. Rimane alle dipendenze di Fiat fino al 1923, quando grazie alla mediazione di Enzo Ferrari e dopo un'estenuante trattativa con Nicola Romeo e Giorgio Rimini passa all'Alfa Romeo, sostituendo Giuseppe Merosi.

Le vittorie col Biscione

Arrivato a Milano, Vittorio Jano contribuisce in modo determinante a rendere l'Alfa Romeo un marchio protagonista in tutto il mondo, attraverso le prestigiose vittorie con le sue fuoriserie da corsa. L’ingegner Nicola Romeo, che aveva comprato l’Anonima lombarda fabbrica automobili nel 1915 salvandola dal fallimento, a Jano non chiede miracoli: “Senta, io non pretendo che lei mi faccia la vettura che batte tutti, ma ne vorrei una da far bella figura, per creare un cartellino anagrafico a questa fabbrica”. La storia andrà ben oltre le più rosee aspettative.

Alfa Romeo P2
Alfa Romeo P2

Per competere al massimo sono necessari dei motori potenti e veloci, così il piemontese mette la firma prima su un propulsore 8 cilindri in linea destinato all'Alfa Romeo P2, poi concepisce un 6 cilindri in linea di nuova concezione con doppio albero a camme in testa che equipaggia l'Alfa Romeo 6C 1500. I frutti successivi sono altri motori brillanti, come un 8 cilindri in linea, fino ad arrivare al 12 cilindri a V del 1937. Grazie alle sue creazioni, il Biscione è il primo marchio nella storia a laurearsi campione del mondo, il primissimo a mettere in bacheca un alloro mondiale. È l'epopea di Campari, che diventa il pilota di punta della Casa milanese.

Dalla guerra alla Lancia

In mezzo ai trionfi e alla soddisfazioni con l'Alfa Romeo si immette una brutale guerra, che sconvolge le esistenze e distrugge le certezze. Il suo unico figlio, Francesco, muore ventenne per una malattia polmonare durante il servizio militare. La vita di Vittorio e di sua moglie, Rosina, non saranno più le stesse. Con l'Italia finalmente in pace e con un Paese che si rimette in moto, rabboccandosi le maniche, anche Jano decide di dare il proprio contributo, in primis tornando a Torino (lo aveva fatto già nel 1937), poi scegliendo come nuovo approdo lavorativo la Lancia.

Sarà un attimo di vera gloria, grazie alle D20 e D24. Gianni Lancia, galvanizzato dai trionfi ottenuti con Jano al comando del reparto progetti, dichiara che il prossimo campo nel quale vincere deve essere la Formula 1. Jano, dunque, progetta la nuova D50 che debutta con Alberto Ascari. È una vettura sofisticata e all’avanguardia, ma da lì a poco tutto sarebbe andato a rotoli. Dopo un incidente sulla pista di Monza, Ascari a bordo di una Ferrari muore. La scuderia Lancia, in seguito alla scomparsa del suo capitano, decide di sospendere l'attività agonistica. Il patron Gianni se ne va in Sud America, mentre la proprietà viene ceduta alla famiglia Pesenti. Le Lancia D50 di Jano, invece, finiscono a Maranello tra le mani di Enzo Ferrari.

Jano consulente per Ferrari e la tragica fine

Nel 1956 Juan Manuel Fangio porta la Ferrari a vincere il suo primo titolo mondiale, con un'auto che è una carta carbone della monoposto di Jano che, nel frattempo, diventa consulente per il Cavallino Rampante. Il 14 marzo del 1965, però, Torino si risveglia con una notizia funerea: Jano si è tolto la vita con un colpo di pistola alla testa. Il mitico progettista si uccide a 74 anni, senza lasciare un biglietto, senza nessun messaggio nemmeno per la moglie Rosina.

Forse, aveva da poco appreso di essere malato in modo inguaribile. “Ha vissuto da forte e da forte ci ha lasciato”, con queste ultime parole Enzo Ferrari rende omaggio all’esistenza di Vittorio Jano. Un uomo che ha portato l'Italia sul tetto del mondo.

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