Aziende tecnologiche a corto di ingegneri

Aziende tecnologiche a corto di ingegneri

«Non si vive di solo porto». A Genova «c’è un settore che cresce più degli altri, ma che non trova giovani con la laurea “giusta” da inserire». Le aziende dell’high-tech (dall’elettronica all’informatica) per far sentire più forte la loro voce hanno fondato un club, Dixet. «Con 13mila addetti siamo il secondo settore della città dopo l’industria meccanica che nel 2009 supereremo - spiega Alberto Clavarino, vice presidente di Dixet - Ma nessuno se ne accorge, a Genova si parla solo del porto».
Con Luigi Caterino, direttore di un’azienda che disegna siti internet, cita i dati salienti della ricerca sul settore curata insieme a Confindustria e alla facoltà di Ingegneria: «In tre anni abbiamo presentato 840 brevetti, un record. Il contributo delle grandi aziende del settore (da Siemens a Elsag) è naturalmente determinante. Ma anche i piccoli hanno contribuito al risultato». Dixet è guidato da Carlo Castellano, presidente di Esaote, «ma il nostro obiettivo è dare visibilità anche alle piccole e medie imprese» riprendono Clavarino e Caterino.
Le iniziative in cantiere sono molte. «Vogliamo portare gli imprenditori a conoscere e parlare con i ricercatori della facoltà di Ingegneria e dell’Iit, l’Istituto italiano di tecnologia». Ci sono anche idee più ambiziose, come organizzare a Genova una giornata nazionale dell’high-tech, «ma è presto per parlarne». A marzo partirà invece un nuovo ciclo di conferenze «con una sorta di monografia sull’Iit». «L’abbiamo visitato pochi giorni fa - spiegano ancora Caterino e Clavarino - I ricercatori, 140, arrivati da 27 Paesi, stanno lavorando a progetti importantissimi. L’Istituto è ancora un cantiere, nei prossimi mesi sarà pronto e avrà modo di far conoscere quanto sta facendo».
Da subito, però, le aziende devono fare i conti con alcune difficoltà. L’indagine sul settore, che ha coinvolto 79 imprese, metà di quelle attive a Genova, spiega che a frenare la crescita è anche «la difficoltà a trovare personale qualificato». Mancano ingegneri e laureati in informatica, insomma, i più richiesti dalle aziende high-tech (Dixet, www.dixet.it, raccoglie i curriculum e li gira alle imprese). «Visto che le imprese si stanno spingendo verso produzioni avanzate e di frontiera - si legge nella ricerca - c’è la necessità di personale sempre più qualificato. Questo conferma la necessità di accelerare iniziative, quali l’avvio del Politecnico, che vadano nella direzione di una forte e positiva collaborazione tra università e imprese high-tech».
Su questo, «piccoli» e «grandi» la pensano allo stesso modo: «Creare un Politecnico a Genova è un bene». Il rettore Gaetano Bignardi frena, ma le imprese insistono: «I “piccoli”, dalla collaborazione con l’università, possono trarre un vantaggio enorme». Anche a questo servirebbe il parco tecnologico previsto agli Erzelli. Lì dovrebbero trovare posto la facoltà di Ingegneria e l’Iit. Il 64 per cento dell’imprese intervistate da Dixet si è detto pronto a traslocare sulla collina di Sestri Ponente. «Ma è chiaro - si scalda Clavarino - Immagina i vantaggi? Vado al bar e parlo con il ricercatore che si occupa del mio settore, faccio un convegno e in un minuto tutti possono venire e confrontarsi».
Non tutti però stanno appoggiando il progetto. «È il solito problema delle casacche politiche - aggiunge l’imprenditore - Il progetto può diventare la cosa più bella fatta a Genova negli ultimi secoli. Se Burlando lo ha capito, beh, questa non è una ragione per dire che il progetto non va bene o per contrastarlo sempre, come fanno alcuni politici anche nel centrodestra».
Chi punta sull’high-tech, concludono i due imprenditori, è destinato a vincere: «La nostra è un’industria che non inquina, ha margini di crescita che altri settori si sognano.

Stavolta, a differenza del passato, ci sono i numeri a testimoniarlo: 8 per cento di crescita nel 2007 e la prospettiva, per molti di noi, di fare meglio l’anno prossimo. Se qualcuno si accorgerà di noi, riusciremo a lavorare un po’ di più a Genova e meno con i clienti sparsi per l’Italia. E qualche genovese oggi costretto a emigrare troverà lavoro nella sua città».

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