Ferragni: il mistero sui bilanci societari. Ecco cosa sta succedendo

Si attendono ancora i conti che di solito vengono approvati ad aprile. Il piano industriale per il periodo 2025-2029, menzionato nel bilancio di Alchimia, è incerto

Ferragni: il mistero sui bilanci societari. Ecco cosa sta succedendo
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Il mistero attorno a Chiara Ferragni e le sue società si infittisce. Andiamo con ordine. Dopo un lungo periodo in cui i follower sono calati assieme a post e stories sul profilo Instagram dell’influencer, i bilanci del 2023 delle due società principali, Fenice e Sisterhood, non sono pervenuti. Solitamente i conti vengono chiusi e approvati entro aprile, ma in questo caso non c’è ancora traccia dei consuntivi delle due aziende. Ecco cosa sta accadendo.

Si attendono ancora i bilanci delle società

La società Fenice è licenziataria dei marchi e Ferragni detiene una quota del 32,5%. Gli altri due soci sono Alchimia di Paolo Barletta, che possiede il 40% e desidera uscire al più presto, e Pasquale Morgese, con una quota del 27,5%, che ha intensificato il conflitto riguardo alla gestione dell’azienda. L’altra società coinvolta è la Sisterhood, la holding dell'imprenditrice, che si trova al vertice del suo piccolo impero, la quale era valutata, prima che scoppiasse il noto caso "Pandoro Balocco", 100 milioni di euro.
Cosa è successo, quindi? Siamo oltre il termine previsto. Di solito, i bilanci vengono chiusi e approvati entro aprile, mentre in situazioni eccezionali si può arrivare a giugno, vedi il caso di Tbs Crew, l’altra azienda dell’influencer, che ha chiuso in tempo con un utile di 4,4 milioni. In questo caso, siamo ben oltre i termini. Inoltre il consiglio di amministrazione di Fenice (presieduto da Barletta, con Ferragni come amministratore delegato e senza altri membri) non avrebbe neanche convocato le assemblee.

I possibili scenari futuri della società

A questo proposito si potrebbe pensare che il futuro delle società potrebbe essere incerto a causa delle questioni tra i vari soci e l’andamento dei profitti. La situazione attuale riguarda il controllo del marchio che coinvolge Ferragni (32,5%), Barletta (40%) e Morgese (27,5%). Barletta, un venture capitalist, ha in programma di ridurre gradualmente la sua partecipazione in Fenice, avviando trattative per cedere la sua quota a Avm, ma il processo è attualmente bloccato.
Nel 2022, l'azienda ha registrato un fatturato di 14 milioni di euro, di cui il 90% deriva da e-commerce e royalties sui marchi. A questo proposito la dipartita di Chiara Ferragni sarebbe insostenibile dal punto di vista economico; potrebbe invece considerare l'acquisto di ulteriori quote o l'instaurazione di partnership strategiche per attuare un piano di rilancio.
Inoltre, secondo alcune indiscrezioni riportate da Il Corriere della Sera Barletta e Ferragni, amici e soci di lunga data, stanno discutendo la possibile vendita del 40% di un'azienda. Barletta ha presentato un'offerta a Ferragni, concedendogli alcune settimane per decidere. Il principale problema da risolvere è il prezzo, e Alchimia non riuscirà a ottenere la plusvalenza sperata di dieci mesi fa, quando Fenice era valutata 75 milioni.

I dubbi sul piano industriale del 2025-2029

Il valore attuale del marchio Ferragni è al centro di una controversia, in particolare per Morgese, imprenditore pugliese con una partecipazione del 27,5% nel marchio di scarpe e borse, ma escluso dalla gestione. Morgese ha intensificato le sue pressioni su Barletta e Ferragni, attraverso comunicazioni e azioni legali che contestano sia decisioni passate che l’inerzia attuale della dirigenza. Sembra che uno scontro tra le parti sia imminente, con possibilità di un avvicendamento ai vertici del gruppo. Esiste un piano industriale per il periodo 2025-2029, menzionato nel bilancio di Alchimia, ma la sua approvazione è incerta.

Attualmente, si presenta come un piano “fantasma”, in quanto non considera i risultati economici del 2023, cruciali per la situazione attuale e per il futuro. Alchimia ha deciso di non svalutare la propria partecipazione in Fenice (valutata 15,8 milioni), definendo la crisi come “episodica e temporanea”. Nel frattempo, secondo la procura di Milano, le indagini hanno rivelato comunicazioni ingannevoli da parte di Chiara Ferragni, mirate a indurre in errore i consumatori riguardo al collegamento tra l’acquisto di prodotti e le iniziative benefiche.

I magistrati sostengono che Ferragni avrebbe ottenuto, attraverso due campagne commerciali, un profitto ingiusto di circa 2,2 milioni di euro, oltre a benefici non quantificabili legati al “ritorno di immagine” delle iniziative benefiche.

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