Il nuovo assetto del gruppo Fininvest prevede cinque azionisti: i figli di Silvio Berlusconi. Ma da ieri sono i due maggiori, Marina e Pier Silvio, ad assumerne insieme - il controllo. Così ha deciso il padre già dall’ottobre del 2006, ormai 17 anni fa, senza più cambiare idea. Allora Berlusconi era il leader dell’opposizione al governo Prodi e, di lì a meno di due anni, sarebbe tornato a Palazzo Chigi. Un’altra epoca. Marina aveva 40 anni, Pier Silvio 37, entrambi erano già ai vertici di Mondadori (Marina è presidente dal 2005), e Mediaset (Pier Silvio era vicepresidente e sarebbe poi diventato amministratore delegato), oltre a essere consiglieri in entrambi i cda. Marina era anche presidente Fininvest già da un anno. Che fossero loro i predestinati a controllare e gestire il gruppo era quindi la soluzione più naturale e consolidata. Ieri se n’è avuta la conferma.
Nel testamento olografo il Cavaliere è tanto stringato quanto chiaro: «Lascio la disponibile in parti uguali ai miei figli Marina e Pier Silvio». Tradotto in termini azionari significa che il 61,21% del capitale di Fininvest (che corrisponde al 62,5% dei diritti di voto per effetto del 2,06% di azioni proprie) che faceva capo al patriarca è stato così suddiviso: la quota «disponibile» del 20,4% va ai due maggiori in parti uguali; il restante 40,81% va spartita tra tutti i cinque figli (come prevede la legge sulla quota «legittima»), pari all’8,16% a testa. Quindi per Marina e Pier Silvio, che già avevano il 7,65% a testa, si aggiungono l’8,16% e il 10,2%. Il totale fa 26,01%. Sommati tra loro fanno il 52% (53% nei diritti di voto) di Fininvest, pari alla maggioranza assoluta. A Barbara, Eleonora e Luigi, che avevano il 7,14%, si aggiunge ora l’8,16% della legittima, per un totale del 15,3% a testa, quasi 46% se sommati insieme. Con un comunicato la famiglia aveva informato il mercato già dalle prime ore di ieri della novità sostanziale: «Nessun soggetto deterrà il controllo solitario indiretto su Fininvest SpA, precedentemente esercitato dal padre stesso». Il nuovo punto di riferimento è l’asse Marina-Pier Silvio, sancito da questo testamento e dalla storia dei 17 anni passati da quando il padre lo ha vergato, senza che sia prevista la stesura di patti parasociali o di nuovi Statuti. È sufficiente, per la stabilità del gruppo, l’applicazione il codice civile, che garantisce alla maggioranza assoluta il governo societario.
Con il riassetto azionario della Fininvest, i figli del Cavaliere si trovano proprietari di un gruppo che ha un valore di patrimonio netto di circa tre miliardi che deriva dalla somma del valore di Borsa delle quote di controllo di Mediaset (48%), Mondadori (53%) e del 30% di Mediolanum (che da solo vale 1,8 miliardi). Un capitale che ai soci rende ogni anno cifre variabili, ma mediamente intorno ai 100 milioni, in forma di dividendo che Fininvest stacca per i suoi azionisti dopo aver incassato quelli a sua volta distribuiti dalle controllate.
Così quest’anno, dei 100 milioni di euro lordi distribuiti da Fininvest, Marina e Pier Silvio ne incasseranno 26 a testa, mentre a Barbara, Eleonora e Luigi ne spettano 15,3 per ciascuno.
Il testamento vale anche per tutto ciò che è extra Fininvest: beni immobili e mobili stimati introno a 1,5 miliardi la cui spartizione avverrà con lo stesso criterio: il 66% diviso tra tutti i figli, il 33% in parti uguali a Marina e Pier Silvio.
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