«Non importa quanto sta capitando in Borsa sul titolo di Tim, l’operazione con Kkr andrà avanti così com’è stata concepita perché questa è la volontà del governo». È la dichiarazione rilasciata al Giornale da un’autorevole fonte dell’esecutivo in relazione all’operazione in corso con il fondo Usa approvata dal cda di Tim lo scorso novembre. Una posizione che da sola può bastare a spegnere gli ardori di chi vorrebbe mandare a monte lo scorporo della rete, visto che il governo ha dalla sua il golden power e quindi un peso ben maggiore del 9,8% di capitale che controlla tramite Cassa depositi e prestiti. Del resto, c’era grande bisogno di chiarezza nella confusione che regna intorno a Tim. Anche ieri il titolo ha vissuto una seduta sull’altalena, per chiudere la giornata in progresso dello 0,4% a 0,215 euro. Dopo l’articolo del Financial Times, ieri è stato ancora sotto i riflettori il dato sull’enorme ammontare dei titoli “prestati“, per quasi 1 miliardo di euro, probabilmente a fronte di vendite allo scoperto. Una montagna che, anche se non è possibile sovrapporre per intero alle posizioni ribassiste su Tim, è indicativa delle manovre speculative attualmente in atto. A distanza di un mese dall’assemblea dei soci che rinnoverà i vertici dell’azienda, è difficile immaginare che ci si muova così in anticipo per prendere titoli in prestito e pesare di più in assemblea. Più probabile che agiscano altre logiche. Indice di questo è l’affiorare di nuove posizioni ribassiste emerse un paio di giorni fa (Blackrock allo 0,53% e Capital Fund allo 0,51%) che si sono aggiunte allo 0,72% di Qube e allo 0,50% del fondo pensione canadese. In particolare, c’è mistero intorno a Blackrock, che dovrebbe avere anche un pacchetto di azioni che comunque all’ultima assemblea dei soci era inferiore al 3% e che apparentemente non avrebbe interesse ad avere una posizione “corta“.
Tra chi ha un cospicuo pacchetto azionario, il primo socio Vivendi (23,7%) preme affinché si fermi la vendita della rete. Cedere azioni in prestito agli speculatori ribassisti garantirebbe un ritorno in denaro e un’ondata di vendite sul titolo in grado di indebolire il management, ma non c’è alcuna prova che il socio francese agisca in tal senso. Quel che si sa è che nei giorni scorsi l’amministratore delegato, Pietro Labriola, è volato a Parigi per prospettare i benefici che potrebbero derivare da una distribuzione di parte dell’earn-out per complessivi 3-3,5 miliardi legato soprattutto alla fusione con Open Fiber e alla cessione di Sparkle. Su quest’ultimo fronte, ha anticipato ieri Bloomberg, il Tesoro sarebbe pronto ad allearsi col fondo di private equity spagnolo Asterion con il quale offrirebbe 800 milioni entro il mese prossimo. Qualora la distribuzione del dividendo extra fosse confermata, il recupero del titolo porterebbe altri benefici agli azionisti. Non è pensabile, del resto, che il valore di Tim si fermi agli attuali 4,2 miliardi di capitalizzazione, la metà di quanto vale la sola partecipata Tim Brasil. Di là delle prime indiscrezioni, il viaggio di Labriola in Francia non sembra però aver sortito effetti: a Parigi restano convinti che la cessione della rete sia un errore.
Soprattutto se fosse vero quanto circolava ieri, e cioè che Kkr mirerebbe a rivendere presto la sua partecipazione nella società della rete ad altri attori infrastrutturali come il fondo saudita Pif. Certo non potrebbe farlo senza l’ok del governo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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