La bambina invisibile che ha vinto lo tsunami

L’onda lunga della vita ha i suoi tempi e i suoi modi, ma qualche volta riporta a riva relitti favolosi. Da sette anni, sulla riva c’erano due genitori inconsolabili e disperati, che scrutavano ogni giorno il mare maledicendolo per la sua crudeltà. Adesso che è Natale, guardano il mare e finalmente sorridono, affidandogli il loro più intimo perdono.
Quel giorno di Santo Stefano del 2004, quello stesso giorno che è ormai anniversario mondiale del più grande tsunami nella storia dell’umanità, il mare piombò all’improvviso sulla giovane mamma e sulle due bambine che teneva per mano. Stavano a Meulaboh, nella provincia di Aceh, sull’isola di Sumatra: anch’esse finirono spazzate da una furia biblica, un prodigio apocalittico senza pari che falciò 180mila persone. Passato il flagello, mamma Yusnidar si ritrovò sola. Delle due creature che teneva per mano non seppe più nulla, le rimanevano soltanto tanti ricordi e i graffianti tormenti della malinconia.
É da quel Natale che due genitori tutti i giorni guardano il mare, rinfacciandogli la sua ineffabile cattiveria. Due bambine rapite dalle onde sono un giusto motivo per odiare quella tremenda vastità. Ma non tutto, nel destino perverso della povera famiglia, andava ascritto alla perfidia di quel mare. Se possibile, tra gli uomini c’era chi si accaniva in un modo ancora peggiore. Era toccata alla piccola Mary, la più piccola delle due sorelle, sette anni, la fortuna di salvarsi dalla catastrofe. Quando le acque si erano placate, non aveva più ritrovato la mano della mamma, ma quella di una donna sconosciuta. Credeva fosse d’aiuto, era una mano più criminale dello tsunami epocale: era la mano di una donna perfida e cinica, che dopo pochi giorni l’aveva avviata alla schiavitù della strada. Tutti i giorni la piccola Mary era costretta a chiedere l’elemosina per le vie della capitale, fino a notte fonda. E quando non portava abbastanza soldi alla padrona, chiudeva la giornata prendendo botte assurde, molto più assurde e feroci di un mare indiavolato.
Sette anni sono passati così, da uno tsunami vero all’altro. Ma alla vigilia di questo Natale, finalmente Mary ha trovato l’occasione giusta e anche la forza per salire su un autobus e scappare dalla sua seconda calamità, quella megera senza cuore che la teneva segregata. Arrivata al villaggio natale, Mary ha vagato per le strade, chiedendo dell’unico nome che ricordava dopo lo choc, Ibrahim, il caro nonno della sua infanzia rapita. Le autorità del villaggio hanno raccolto le voci su questa ragazza sventurata, alla ricerca del suo passato perduto, e si sono premurati di condurla dal nonno. Improvvisamente Yusnidar e Tarmiyus, i due genitori che da sette anni guardavano il mare maledicendo il suo fosco sortilegio, si sono ritrovati davanti Mary, ora una bambina cresciuta, ma con le stesse voglie sul collo e sul fianco che ben ricordavano.
Sarà un Natale di festa, sette anni dopo, nel villaggio di Meulaboh.

Sarà il modo più lieve per esorcizzare il cupo anniversario. Mary sarà al centro della festa, testimoniando con la sua storia un’eterna verità: la cattiveria del mare può concedersi un’onda di pietà, quella degli uomini no.

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